Che succede se Conte diventa un Super Renzi?

Il Pd non ci aveva pensato. O aveva piuttosto sottovalutato l’abilità del marziano, catapultato dal caso nell’agone. Ma il marziano ha compiuto il miracolo di dimostrare che il massimo di neutralità tecnocratica può coincidere con il massimo di politicizzazione. E che il suo inesauribile trasformismo fa del Centro una potente calamita consociativa, capace di tenere insieme la Binetti con la Cirinnà, e di richiamare vecchi arnesi della Seconda Repubblica alla causa di una politica distributiva che giustifichi la sopravvivenza del potere. Conte è colui che, riportando indietro l’orologio della storia, promette di far rinascere l’Ulivo dalle sue ceneri.

Per questo è stato prescelto, coccolato, difeso dai nostalgici dell’Ulivo e da quanti, come Gad Lerner sul Fatto Quotidiano, sognano di rifare la Sinistra dura e pura, riavvolgendo il nastro del tempo e ricomponendo la frattura che ha generato i Cinque Stelle, ma anche cancellando l’anticristo di nome Matteo Renzi. Colui che quel disegno ha compreso prima degli altri. E per scongiurarlo ha puntato tutte le sue ultime fiches. Per resipiscenza tattica, avendo intuito tardivamente il prezzo dell’alleanza giallorossa, da lui promossa un anno fa per sfrattare Salvini dal Palazzo. Per calcolo politico, avendo tutto da perdere da una sinistra ricomposta attorno alle sue storiche parole d’ordine e da un concorrente al Centro forte come Conte. Per una pulsione dell’Ego, che gli impone di sfidare la marginalità con l’orgoglio di sentirsi ancora attore protagonista. Ma anche perché, pur con tutti difetti che gli si possono attribuire, e che certamente ha, Renzi è un riformista. E sa che, nel cuore della più drammatica crisi sanitaria, economica e sociale della sua storia, l’Italia tutto sta imboccando tranne che un percorso virtuoso di riforme. 

Renzi ha capito che Conte rappresenta, per un’intera generazione di intellettuali e politici, il passato di un’illusione. La cecità con cui Zingaretti e Bettini lo hanno portato, più o meno consapevolmente, al centro del sistema, si deve in parte a questo inguaribile tic della sinistra post-comunista. La piega delle ultime, convulse, e a tratti oscure trattative parlamentari, la caccia ai “responsabili” delegata a presidenti di ordini forensi, a generali della Guardia di Finanza, a uomini vicini ai Servizi e perfino a improbabili prelati, mostrano quanto contraddittorio e ambiguo sia un simile disegno, e quanto grande sia il rischio che il marziano si riveli un Super Rottamatore. Che disperda del tutto quel che resta di un’eredità storica del Centrosinistra, dopo avergli dato l’illusione di un risorgimento. Il quadro politico è ancora in tempo per impedire che la storia si ripeta come una farsa non meno funesta di una tragedia.

L’HUFFPOST

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