Crisi di governo: 66 esecutivi in 75 anni. Quanto ci costa l’instabilità politica?

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

La patologia è cronica: dalla nascita della Repubblica a oggi, solo Alcide De Gasperi e Silvio Berlusconi sono rimasti in carica per i cinque anni previsti dalla Costituzione, ma entrambi hanno dovuto dimettersi almeno una volta e rifare il governo. La domanda è d’obbligo: quanto costa al Paese la nostra atavica instabilità politica e chi ci guadagna dalle crisi?

La domanda è d’obbligo: quanto costa al Paese la nostra atavica instabilità politica e chi ci guadagna dalle crisi?

Com’è andata finora

Nei 75 anni di storia repubblicana abbiamo avuto 66 governi e 29 presidenti del Consiglio e le crisi – ossia il tempo che trascorre tra le dimissioni di un governo e il giuramento del nuovo – occupano complessivamente 1.510 giorni, cioè più di quattro anni. Dal 1994, con la seconda Repubblica, si succedono 16 governi con 10 premier, durata media 617 giorni.

Tre crisi di governo portano a elezioni anticipate: Dini 1995, Prodi II 2008 e Monti 2012. Sei i rimpasti all’interno della stessa maggioranza: Prodi I, D’Alema I, D’Alema II, Berlusconi II, Letta e Renzi. Tre le nuove alleanze con cambio di maggioranza senza andare a elezioni: Berlusconi I, Berlusconi IV e Conte I. Infine tre alleanze per arrivare a elezioni alla scadenza della legislatura: Amato II, Berlusconi III e Gentiloni. Poi c’è la crisi di governo in corso innescata da Renzi. Nello stesso periodo, ovvero negli ultimi 26 anni, in Francia ci sono 5 presidenti (Mitterand, Chirac, Sarkozy, Hollande e Macron); 5 in Spagna (Gonzalez, Aznar, Zapatero, Rajoy e Sanchez), 3 cancellieri in Germania (Kohl, Schroder e Merkel).

Chi innesca la crisi ci guadagna?

La storia ci dice che chi innesca la crisi di solito non fa una bella fine. Umberto Bossi, dopo aver fatto saltare il governo Berlusconi, alle elezioni del 1996: la Lega riceve più voti – passando dall’8,4 al 10% – ma deve uscire dalla coalizione di centrodestra, dimezzando così i seggi in Parlamento (da 178 a 86). Fausto Bertinotti, artefice della crisi del governo Prodi nel ‘98: alle elezioni politiche del 2001 Rifondazione Comunista passa dall’8,5 al 5% e perde i due terzi dei seggi (da 46 a 15).

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