Crisi di governo, Conte tiene liberi i posti per i centristi. La linea: oggi al Senato avanti anche sotto 155
Assieme alla pochette bianca dalla piega dritta e istituzionale, Giuseppe Conte è convinto di avere nel taschino dell’abito la «matta», il re di denari che funziona da jolly. «Alla Camera siamo andati oltre le aspettative e se pure al Senato otterremo la maggioranza relativa il governo non cade — ha fatto scongiuri il premier con i ministri —. Servirà più di tempo per risolvere la crisi, ma possiamo allargare l’alleanza e rimetterci al lavoro». Al giorno del duello il professore di Palazzo Chigi arriva cautamente ottimista, molto soddisfatto per i 321 sì della Camera e sollevato per il chiarimento con il Nazareno. Per allentare la tensione innescata nel pomeriggio dalle parole di Zingaretti, che non è disposto ad «accettare tutto», c’è voluta una telefonata di Bettini. Il pontiere ha rassicurato Conte sulla lealtà dei dem e il premier, che aveva fiutato un’aria strana, gli ha spiegato come «un governo a guida Pd farebbe saltare gli equilibri nel Movimento».
La paura che Renzi faccia «altri scherzi» non si è dissolta. L’ultima notte di trattative ha portato speranze e veleni: sarà vero che il senatore azzurro Luigi Cesaro, noto alle cronache come Gigino ’a purpetta, ha bussato alla porta di Conte ed è stato respinto? Come osserva Gaetano Quagliariello «il premier può offrire una cinquantina di posti in lista alle prossime elezioni». Al momento però il «pacchetto» che il premier è in grado di proporre ai volenterosi europeisti, liberali, popolari o socialisti prevede un partito politico tutto da costruire, un patto di legislatura e il «rafforzamento della squadra». Nella sostanza un sottosegretario e due ministeri, di cui la Famiglia sarebbe stata proposta a Paola Binetti. Poi c’è la delega ai servizi segreti. Conte ha ceduto alle pressioni del Pd e si avvarrà «della facoltà di designare un’autorità delegata per l’intelligence», persona di sua fiducia.
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