Vaccino, la svolta con AstraZeneca, atteso il via libera dell’Ema: a febbraio la distribuzione

di Carla Massi

Mentre Pfizer annuncia di rallentare la consegna delle dosi l’Europa intera pressa AstraZeneca-Oxford per l’arrivo del terzo vaccino candidato.
A Cambridge, in Gran Bretagna, l’azienda aspetta il via libera dell’Ema, l’agenzia comunitaria del farmaco. Il 29 gennaio (in realtà si spera entro il 29 gennaio) dovrebbe arrivare la risposta. E con lei, si spera entro febbraio, anche il carico di dosi sviluppato, appunto, da università di Oxford e Irbm di Pomezia e prodotto da AstraZeneca. APPROFONDIMENTI

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I TEST
La documentazione dei test (una percentuale di efficacia pari al 70,4%) compiuti in Sud Africa, Brasile e Gran Bretagna, è stata consegnata il 21 dicembre all’ente regolatorio. Da allora, è stato richiesto materiale supplementare ma, finora il silenzio. Dovrebbero arrivare 8 milioni di dosi in un trimestre in Italia.
Eppure, lo stesso vaccino al vaglio dell’Ema dai primi di gennaio viene somministrato, dopo autorizzazione di emergenza, nel Regno Unito, in Argentina e in India. Pressate dalla variante britannica le autorità inglesi hanno anche deciso di inoculare la prima dose a più persone possibili, allungando i tempi per il richiamo. Ovviamente è la Brexit a permettere alla Gran Bretagna una simile autonomia decisionale rispetto al resto d’Europa. Domenica scorsa, inoltre, l’agenzia brasiliana che si occupa del controllo e della sicurezza dei farmaci, Anvisa, ha autorizzato l’utilizzo di emergenza del vaccino AstraZeneca e quello cinese Sinovac.
Una delle ipotesi avanzate su questo vaccino è quella di approvarlo limitando la somministrazione alle persone che hanno meno di 55 anni. «È possibile, anche se non è la via che viene normalmente seguita per i nuovi vaccini, a meno che non ci siano ragioni precise che indichino che il rapporto rischio beneficio in una certa popolazione può essere negativo» fa sapere Marco Cavaleri, responsabile della Strategia vaccini dell’Ema.
«Astrazeneca aveva promesso di arrivare primo nella corsa al vaccino, invece sarà probabilmente il terzo. I dati andranno confrontati, anche se indirettamente, con gli altri due che si sono dimostrati molto efficaci» commenta Nicola Magrini, Direttore generale dell’Agenzia del farmaco.
Il terzo candidato alla protezione dall’infezione si basa sulla tecnica del vettore virale, ossia l’utilizzo di un virus simile a quello che si vuole prevenire ma non aggressivo, a cui si incollano le informazioni genetiche che si spera facciano scattare la risposta immunitaria dell’organismo.
Si somministra in due dosi con un intervallo di quattro-dodici settimane. In questo caso, però, a differenza dei vaccini che già abbiamo a disposizione il contenuto delle due dosi non è uguale.


LA PROTEINA
Condizione, quindi, che non permette di mischiare i farmaci nel caso in cui la prima o la seconda dose non fossero disponibili. Come, invece, può accadere con Pfizer e Moderna. Dopo la vaccinazione, viene prodotta la proteina spike superficiale capace di attivare il sistema immunitario in modo che questo attacchi il virus se questo dovesse in seguito infettare l’organismo.

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