Crisi, le mosse segrete in Aula. Un ministro può far cadere Conte

Giuseppe De Lorenzo

L’idea serpeggia silenziosa tra i parlamentari di Fratelli d’Italia, ma anche altri ci pensano. Presentare una mozione di sfiducia contro Alfonso Bonafede per forzare la mano a Matteo Renzi, “accelerare” la rottura definitiva di Italia Viva con la maggioranza e provocare prima del tempo la caduta del governo Conte.

Nessuno per il momento ne parla apertamente. Meloni non ha bollinato l’idea e non se n’è discusso ufficialmente nei vertici di centrodestra. Ma l’ipotesi è sul tavolo: “Ci stiamo ragionando”. L’ha sussurrato pure Enrico Costa di Azione, suggerendo all’ex sindaco di Firenze di sfiduciare il Guardiasigilli come pensò di fare a maggio. Già, perché la lunga partita iniziata lo scorso 13 gennaio ha un pregresso e una data di scadenza. Il tempo concesso ieri da Mattarella a Conte per formare il gruppo di “costruttori” pare sia di un paio di giorni, e comunque non potrà andare oltre il 27 gennaio. Mercoledì prossimo Bonafede dovrà presentare una relazione al Parlamento sullo stato della Giustizia e l’inciampo appare scontato. Renzi ha detto che non intende votarla e il Luciano Nobili vede già il “governo andare sotto”. Quali sono allora gli scenari?

Va ricordato cosa accadde lo scorso maggio. Era il tempo delle scarcerazioni e lo scontro tra Bonafede e il giudice Di Matteo. Il centrodestra e Emma Bonino presentarono due mozioni di sfiducia. Renzi s’era convinto a votare con l’opposizione, poi all’ultimo fece retromarcia. Una scelta che ancora gli brucia allo stomaco, tanto da tirarla fuori pure martedì durante l’infuocato intervento al Senato. Sintetizziamo: “Salvai Bonafede per vincolo di maggioranza, ma oggi non lo rifarei più”.

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Conte ha insomma una bomba a orologeria piazzata sotto la sedia. Non solo a Palazzo Madama non ha il controllo sulle commissioni parlamentari. Ma deve trovare anche 161 senatori disposti a votare la relazione di Bonafede o tutto va in malora. Operazione complicata. Appare difficile immaginare il socialista Nenicini, erede della tradizione craxiana, appoggiare la prescrizione dei manettari grillini. Lo stesso dicasi per Maria Rosaria Rossi, un tempo molto vicina al Cav. Idem per Lorenzo Cesa (oggi investito da un’indagine puntuale come un’orologio svizzero) e il resto dei centristi. Moriranno giustizialisti? Tic tac, tic tac. Più si avvicina la relazione sulla Giustizia e più Conte traballa: se Bonafede cade, poi viene giù tutto. È logico: coi numeri di oggi, se Renzi vota contro, il governo al Senato è in minoranza. Le dimissioni in blocco poi sarebbero la logica conseguenza.

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