Il sistema sbagliato
In regime di proporzionale l’orizzonte temporale dei membri del governo è più ristretto. Non sanno se saranno ancora in carica tra sei mesi o un anno. Per questo sono costretti, se vogliono sopravvivere politicamente, a impegnarsi soprattutto nella distribuzione di beni privati, non hanno, per lo più, né tempo né voglia di investire seriamente in beni pubblici. Il governo inoltre deve contrattare ogni misura con i parlamentari della maggioranza. In certi casi queste tendenze sono contrastate almeno in parte dalla presenza di forti e disciplinati partiti politici, ben radicati nella società, oppure di meccanismi istituzionali (come il Cancellierato tedesco) che dando stabilità al governo, ne allungano l’orizzonte temporale e lo incentivano a produrre beni pubblici.
Per dare un’idea, l’attuale governo Conte è il sessantaseiesimo dalla nascita della Repubblica: sessantasei governi in settantaquattro anni. Per giunta, non esiste più neanche il parziale argine rappresentato un tempo dalla presenza di forti partiti politici. Il ragionamento può sembrare astratto ma non lo è: riguarda l’impiego del denaro pubblico passato, presente e futuro. Riguarda gli scostamenti di bilancio, l’uso dei fondi europei, eccetera.
Avete presente quel reato da pochi anni introdotto nel nostro ordinamento penale che viene identificato come «traffico delle influenze» (un nome che non può non suscitate ammirazione per la fantasia dei nostri azzeccagarbugli)? Vale un po’ per ogni governo ma quelli fragili e con maggioranze raccogliticce che la proporzionale favorisce attirano più di tutti gli altri il suddetto traffico. Naturalmente non c’è nessun reato: ci sono solo quei normali scambi di favori e promesse di favori che si risolvono nella distribuzione di beni privati e che sono parte ineliminabile della politica. A Capitol Hill e alla Casa Bianca come a Montecitorio e a Palazzo Chigi. La vera differenza fra i governi delle democrazie è un’altra: l’uno si impegna a fondo nella produzione di beni pubblici e l’altro no.
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