Vaccino Covid in ritardo, così l’immunità di gregge rischia di slittare a fine anno
L’obiettivo era ambizioso già prima, quando si sperava che tutto sarebbe filato liscio. Ma adesso chiudere la campagna entro settembre, raggiungendo l’immunità di gregge con il 70% degli italiani vaccinati, rischia di diventare un miraggio. E di slittare anche a fine anno. Tra ambizioso e miraggio c’è una bella differenza, esattamente quella disegnata dai tagli alle forniture già fatti da Pfizer BioNTech e adesso annunciati da AstraZeneca.
Gli scenari possibili sono tre. Il primo rischia di somigliare a un’illusione. Il commissario all’emergenza Domenico Arcuri sta per inviare una diffida per inadempimento nei confronti di Pfizer BioNTech. La stessa mossa potrebbe essere fatta più avanti con AstraZeneca. È il primo passo verso un possibile esposto in una procura italiana oppure a Bruxelles. Se le due aziende dovessero fare marcia indietro o compensare velocemente i tagli, qualche ritardo ci potrebbe essere ma limitato e sostenibile. Pfizer BioNTech ha promesso di recuperare, ma nel governo c’è un certo scetticismo.
Il secondo scenario prevede che i tagli si fermino a quelli annunciati finora, solo uno slittamento ma senza recupero. In questo caso l’immunità di gregge potrebbe essere raggiunta con poche settimane di ritardo.
Poi c’è il terzo scenario, quello più preoccupante, con tagli e ritardi che vanno avanti per mesi. A quel punto diventerebbe difficile chiudere persino entro l’anno. Questo non vuol dire che non siano possibili contromisure.
«Chiudere a settembre — dice il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa — è comunque possibile. Per farlo potremo estendere gli orari di somministrazione, portandoli a 16 o 18 ore al giorno». Ma il nodo delle forniture resta, come certificato nell’incontro di ieri tra il ministro Francesco Boccia e le regioni. Nel primo trimestre di quest’anno, spiega il commissario Arcuri, «avremo 15 milioni di dosi», poco più della metà rispetto a previste dal primo piano vaccinale.
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