Governo, Conte: «Ora governo di salvezza nazionale». L’apertura a Renzi
di Alberto Gentili
E’ cominciato poco dopo la mezza il giorno più lungo di Giuseppe Conte. Lasciato il Quirinale, dove nelle mani di Sergio Mattarella aveva rassegnato le dimissioni, l’ormai ex premier ha confidato di essere «senza paracadute». «Perché qui tutti dicono che si farà un nuovo governo e che sarò io a guidarlo, ma chi dà garanzie? Chi può dire che finirà davvero così?». E a sera, dopo aver aperto perfino a Matteo Renzi nel disperato tentativo di agguantare il ter, si è sfogato: «Mi avevano garantito che se mi fossi dimesso avrei avuto subito in Senato numeri sufficienti per il nuovo governo. Invece…».
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Invece Conte si ritrova quanto mai precario e senza certezze. Più fuori che dentro, anche se il capo dello Stato si è dato tre giorni (fino a venerdì) per chiudere le consultazioni. E dunque più tempo all’ex premier per provare ad allargare la maggioranza addirittura a Renzi, fino a lunedì nome impronunciabile a palazzo Chigi. «Del resto senza Italia Viva è spacciato, tanto vale provarci», dice un alto esponente dem.
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In questa giornata di angoscia crescente, Conte ha annotato le dichiarazioni di sostegno dei capidelegazione della maggioranza Dario Franceschini, Alfonso Bonafede, Roberto Speranza. Ha letto e riletto il comunicato ambiguo di Luigi Di Maio dove non c’era scritto «Conte o morte», al contrario di quanto messo a verbale dagli altri leader grillini. Ma, soprattutto, è restato tutto il giorno appeso al telefono per arruolare 12-14 «volenterosi» con cui allargare la maggioranza. Con o senza Renzi.
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Nella disperata ricerca di numeri in Senato, di buon mattino l’avvocato avrebbe voluto fare un conferenza stampa per lanciare un appello per «la salvezza nazionale». Ma gli è stato consigliato di evitare: «Potrebbe far danni». Così si è affidato al telefono e ai contatti con il pontiere dem Goffredo Bettini e con l’”arruolatore” Bruno Tabacci, leader del Centro democratico, assieme ai quali a fine giornata ha redatto un post-appello pubblicato su Fb. La sostanza: «È il momento che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica». Le dimissioni, ha aggiunto Conte, «sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale». Sono seguiti l’impegno per il proporzionale (appetito da Forza Italia e dai centristi) e per la sfiducia costruttiva (amo lanciato a Renzi). Poi, quasi mostrando rassegnazione per l’eventuale passo indietro, Conte ha concluso: «Al di là di chi sarà chiamato a guidare l’Italia, l’unica cosa rilevante è che la Repubblica possa rialzare la testa. Quanto a me, mi ritroverete sempre, forte e appassionato, a tifare per il nostro Paese».
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