Crisi di governo, Conte vuole costruire una «sua» maggioranza e trattare con Italia viva da una posizione di forza

di Monica Guerzoni

Prima del post su Facebook con cui Matteo Renzi ha ripreso a strattonarlo, Giuseppe Conte era quasi convinto di potercela fare. Almeno a ottenere dal capo dello Stato un incarico esplorativo venerdì, al termine del primo giro di consultazioni. Poi è arrivata la «botta». Il fondatore di Italia Viva si è scagliato via social contro l’«autentico scandalo» dei responsabili e «la creazione di gruppi improvvisati». Pietre che hanno gettato nel panico Palazzo Chigi. Tra Conte e Renzi non risulta alcun contatto. Dopo l’appello a tutte le forze europeiste per un governo di salvezza nazionale, il professore si è messo nella modalità «silenzio operoso». Si dedica «affari correnti» per i quali è rimasto in carica e si tiene alla larga dai «giochi politici». Un riserbo studiato, per rispetto nei confronti del Quirinale. «Il Movimento, il Pd e Leu faranno il mio nome — su questo almeno l’avvocato si sente tranquillo —. Ma la cosa più importante sarà capire cosa farà Renzi». Il senatore di Rignano sembra orientato a non porre veti su Conte, eppure l’inquilino (precario) di Palazzo Chigi continua a non fidarsi. Tanto da aver chiesto ai cacciatori di «volenterosi» di affannarsi attorno al pallottoliere per «provare ad allargare l’alleanza anche senza Italia viva». Strada impervia, pronostici negativi. Finché alle nove di sera sul cellulare di Conte arriva la notizia che il senatore Vitali è stato sedotto dall’appello alla responsabilità nazionale e ha lasciato Forza Italia. Con il nuovo acquisto il fronte del «Conte ter» tocca quota 155, quindi per arrivare alla maggioranza assoluta anche a Palazzo Madama, senza conteggiare i tre senatori a vita che hanno votato la fiducia, servono altri sei «costruttori». Conte sa di non essere ancora nella condizione di mettere lui un veto su Renzi e se punta ai 161 è per avere l’autosufficienza numerica e poter condurre il confronto su programma e squadra da una posizione di forza. «Matteo ti farà vedere i sorci verdi…», lo hanno messo in guardia i ministri del Pd.

E così Conte non si stanca di telefonare, ai senatori tentati e ai dem che si stanno facendo in quattro per lui, come Zingaretti, Franceschini, Bettini e Boccia. La pesca non è ancora miracolosa, eppure il giurista pensa che «altri arriveranno» e spera di agguantare l’autosufficienza numerica. Se uscirà indenne dal primo giro di consultazioni, dovrà sedersi al tavolo con Renzi. Sarà una partita di scacchi e di nervi, in cui l’avvocato non potrà permettersi errori. «Il tema adesso è non farsi umiliare da Matteo — spiega sottovoce un ministro dem —. Conte deve riuscire a renderlo numericamente irrilevante». Un piano su cui il premier dimissionario sente di avere l’appoggio del Pd, dopo che Zingaretti ha rilanciato l’appello per una maggioranza ampia «che metta il governo al riparo da veti e ricatti».

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