Governo, da Renzi a Berlusconi la partita dei leader tra voglia di elezioni e non-voto
di Mario Ajello
Governo, consultazioni e il futuro di Giuseppe Conte. Si continua a giocare in queste ore la partita dei leader. Ecco come.
Luigi Di Maio, il futuro dei 5Stelle è appeso a un filo
Fa il dottor sottile (con la minuscola). Sa quanto sia fragile il suo Movimento, sempre sul punto di esplodere, conosce l’indispensabilità di Conte come punto di equilibrio (e di tregua) nei 5Stelle e allora ha adottato il passo felpato in questa crisi. Che potrebbe perfino finire con Di Maio a Palazzo Chigi e perciò lui dice: «Sto benissimo alla Farnesina». Comunque non trama Luigi, cerca di stare leggero sulle uova della follia dei grillini, non crede alle lusinghe di Renzi anzi respinge sdegnato le offerte di premiership. Ma da ieri questa tecnica del non mi faccio vedere troppo rischia di non essere più valida. Perché l’esplosione M5S da lui tanto temuta è avvenuta con la nascita del correntone alla Dibba, al grido «O Conte o Morte». Il gioco s’è fatto durissimo, insomma. E il pericolo per Luigi è che, mentre gli altri forzano, lui più che a Palazzo Chigi possa finire all’opposizione. Proprio ora che cominciava a sentirsi uno statista pacato e diplomatico.
Crisi governo, alla fine Conte chiamò Renzi: «Davvero boccerai il mio nome?»
Nicola Zingaretti, ha puntato su Conte ma è costretto a virare
È chiamato, storicamente, il Saponetta. Nella crisi s’è mosso come un pattinatore. Bordeggiando tra chi, nel suo partito, con Renzi non tornerebbe mai e chi con Matteo non vede l’ora di riabbracciarsi e quasi ha agito come quinta colonna del Bomba. Ecco, il pattinatore ha gettato acqua tiepida su ghiaccio. Convinto che Renzi, prima dell’ultima curva, ossia salendo al Quirinale per le consultazioni, avrebbe cominciato a frenare: «Vedrete, a un certo punto Matteo rinsavisce, speriamo più prima che mai». Ma ieri si è squagliata sul viso di Zinga questa previsione. Convinto che Renzi s’intenerisse rispetto a Conte, quando s’è accorto che non era così Nicola ha cambiato faccia. Ed è uscito dal Colle scuro in volto. Senza più quel mezzo sorriso sornione che è il suo codice e la sua forza. Ha puntato tutto su Conte e ora dovrà virare sull’anche no.
Matteo Renzi, da solo fa ballare tutti e ora vuole stravincere
D icono sia un giocatore di poker, o un attore da spaghetti western. Però, da solo, sta facendo ballare tutti. Ed è Dj Matteo. Ieri mentre comiziava appena uscito dal Colle, mixava tutto il suo repertorio – quello di un no a Conte più guascone che preoccupato, versione: «Adesso ci divertiamo noi» – e ad ascoltarlo veniva da dire: si crede un piccolo Napoleone e va a sbattere a Waterloo, oppure Dj Matteo stordisce tutti con la sua musica psichedelica e alla fine piazza un Cottarelli o una Cartabia al posto dell’Avvocato? Renzi è pronto a trattare il trattabile – nel senso: Conte mai e poi mai e per il resto scriviamo insieme l’agenda – ma non accetta l’ipotesi pareggio e neppure quella della vittoria ai punti. E’ in modalità voglio stravincere. E l’eclissi della carta Responsabili pro-Conte gli ha dato un doping che, a dispetto di quasi tutti gli altri, aveva previsto. Per ora si è tolto le sue soddisfazioni: con un partitino inesistente e gran parte degli italiani contrari alla crisi, continua ad essere lui a menare le danze.
Matteo Salvini, toni neo-moderati per tornare in gioco
Matteo è il neo (o pseudo) tattico. Non si è distinto troppo, qualcuno dice che è sparito, nel corso di questa crisi ma i sondaggi lo stanno leggermente premiando negli ultimi giorni. Ci si aspettava da lui che arringasse le masse, che allestisse le piazze pur in tempo di Covid, che salisse sulle barricate che non ci sono. E invece, non suona ai citofoni chiedendo: «Quanto vi fa schifo Conte?». Ha capito che la richiesta di elezioni oggi non è pop e insiste sullo slogan non contundente: «Salute-scuola-lavoro». Non forza troppo su niente, perché sapendo quanto sia fintamente unita la sua coalizione ha paura che sbagliando i toni la rompe e fa fuggire il Cav. Un Salvini poco salvinista, verrebbe da definirlo. Cerca di entrare nel gioco del Palazzo non per far contento Giorgetti ma perché, pur sapendo che a Giorgia questo non piace, sente il bisogno di un governo di transizione prima di godersi nel 2023 la vittoria elettorale del centrodestra a trazione Lega. Il rischio è che la trazione finisca e cominci un Papeete a lento rilascio.
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