Casalino, dopo le dimissioni di Conte è nel mirino di Renzi: «Di certo non mollo»
Per una volta il grande comunicatore non ha voglia di comunicare. Niente interviste, poche parole concesse con tono basso e cadenza lenta, anche quando ripete «io non mollo, non mollo». La voce di Rocco Casalino, oltre alla delusione e alla preoccupazione per la piega che ha preso la crisi di governo, tradisce una stanchezza nuova. Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte, nei palazzi della politica scossi dalla sfida del rottamatore all’avvocato del popolo si dice che il portavoce, anche lui, stia per annunciare il passo indietro. Matteo Renzi avrebbe chiesto la sua testa, come una delle condizioni per sedersi a un tavolo e trattare. Ma lui non si arrende: «Io non mollo manco morto. Certo non mi dimetto perché lo chiede Renzi».
Finché il giurista pugliese sarà a Palazzo Chigi, ci sarà anche lui. Perché i 5 Stelle lo hanno blindato sin dal primo giorno, quando lo imposero come tutor e vigilante del professore arrivato dal nulla. E perché lui è sicuro che, se miracolosamente Conte dovesse mai tornare premier, il rapporto di stima e reciproca fiducia che ha costruito non potrà spezzarsi per le pressioni dei partiti. A turno Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, il Partito democratico e Italia viva hanno chiesto il suo licenziamento, ma lui si è sempre fatto una risata: «Chi pensa di imporre al presidente del Consiglio i suoi collaboratori personali non sa di cosa parla e forse ha visto troppi film. Conte non ha mai pensato di cacciarmi e anche oggi è una fake news».
Sono le ore più dure per il giurista di Volturara Appula e lo sono anche per il suo spin doctor, forse il più chiacchierato e bersagliato della storia politica italiana. Ha reso «pop» l’immagine di Conte e costruito una formidabile macchina acchiappa-consensi, ma ha anche collezionato gaffe, bucce di banana e scontri plateali, innescati da qualche (imperdonabile) leggerezza. L’ultima a metà dicembre, quando Conte e Di Maio erano in Libia per la liberazione dei pescatori di Mazara e lui si fece scappare lo screenshot della geolocalizzazione a Bengasi. «Errore del telefono», si difese il portavoce, laurea in ingegneria elettronica. Le cronache sono piene di episodi anche pittoreschi, che Casalino — 170 mila euro di stipendio lordi l’anno contro i 114 mila di Conte premier — non rinnega e anzi a volte ostenta come medaglie.
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