Le scelte che hanno davanti Conte e i partiti
Andare alle elezioni: sarebbe probabilmente piuttosto disastroso per un partito che i sondaggi danno intorno al 3 per cento. Di certo otterrebbe solo una frazione dei 18 senatori e 29 deputati che esprime oggi (e non solo perché i parlamentari saranno un terzo di meno, nella prossima legislatura).
Partito Democratico
(ANSA/QUIRNALE PALACE PRESS OFFICE/FRANCESCO AMMENDOLA)
Negli ultimi giorni il principale partito progressista in Italia si è stretto intorno a Giuseppe Conte. Il segretario Nicola Zingaretti lo ha indicato come «punto di equilibrio più avanzato» della fragile alleanza col Movimento 5 Stelle, rifiutandosi di proporre altri presidenti del Consiglio a Mattarella e al pubblico. Ora però deve scegliere che fare nei prossimi giorni.
Convincere Italia Viva a sostenere un nuovo governo Conte: al momento, ma la situazione potrebbe cambiare nelle prossime ore, è l’ipotesi preferita dal gruppo dirigente del PD. Significherebbe cedere a Renzi un’influenza e un peso ancora maggiori rispetto al governo precedente, e accettare di privarsi di qualche ministero. Ma l’operazione di sostituire Italia Viva con i voti di altre forze politiche centriste è fallita, e questa soluzione consentirebbe al PD rimanere al governo rinviando le elezioni: a cui il partito arriverebbe con sondaggi più bassi rispetto all’ultimo voto, le Europee del 2019. E soprattutto, gli consentirebbe di scegliere nel 2022 il nuovo presidente della Repubblica con questo Parlamento, concordandolo sostanzialmente con la stessa maggioranza che sosteneva il governo uscente.
Proporre un presidente del Consiglio più gradito a Italia Viva: posto che al momento non sono circolati nomi né ipotesi molto concrete in questo senso, un presidente del Consiglio diverso obbligherebbe Italia Viva a far cadere i propri veti ma metterebbe in grossa difficoltà il Movimento 5 Stelle, che potrebbe spaccarsi in due fra l’ala più disposta a rimanere al governo e quella più radicale che potrebbe approfittarne per chiedere le elezioni e provare a guadagnare il controllo del partito, ormai da mesi guidato dal reggente temporaneo Vito Crimi. Darla vinta a Renzi, poi, scontenterebbe un pezzo sostanziale del PD, che voleva approfittare di questa crisi per tagliare del tutto con Italia Viva, considerata ormai da molti un alleato inaffidabile.
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Sostenere un “governo istituzionale”: la legislatura e l’elezione del presidente della Repubblica con questo Parlamento sarebbero salvi, ma il peso del partito nel governo sarebbe diluito e i suoi leader sarebbero costretti a cedere parecchi ministeri; per di più a partiti di opposizione, col rischio che si legittimino e rafforzino in vista delle elezioni.
Andare a elezioni: difficilmente il PD potrebbe vincere, dato che i sondaggi lo danno sotto di qualche punto alla Lega e appena sopra il Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia; ma a meno di sorprese o di novità – come l’ipotetico partito di Giuseppe Conte – non ne uscirebbe troppo ridimensionato, e Zingaretti avrebbe la possibilità di mettere insieme le liste elettorali, assicurandosi un notevole controllo sui gruppi parlamentari nei prossimi anni.
Movimento 5 Stelle
(ANSA / CIRO FUSCO)
Negli ultimi giorni ha subito la crisi di governo senza smuoversi dalla propria posizione di totale appoggio a Conte, che però nasconde alcune discrepanze: mentre Luigi Di Maio parlando a In mezz’ora ha lasciato intendere di essere disponibile a governare di nuovo con Italia Viva, l’ala più radicale del Movimento guidata da Alessandro Di Battista ha fatto capire che non intende riaccogliere Renzi nella maggioranza, restringendo le opzioni a disposizione del partito.
Convincere Italia Viva a rientrare in maggioranza e sostenere un governo Conte: fino a ieri era la soluzione preferita dal M5S, più o meno per gli stessi motivi del Partito Democratico. Nelle ultime ore però Di Battista e altri leader della sua corrente come Barbara Lezzi hanno detto molto chiaramente che non sono disponibili a questa soluzione, che comunque vorrebbe dire allearsi di nuovo con Renzi, considerato una specie di nemesi anche prima della crisi.
Proporre un presidente del Consiglio più gradito a Italia Viva: a meno che il nuovo presidente del Consiglio non sia espresso dal Movimento 5 Stelle – sono giorni, del resto, che circolano voci su Di Maio, che secondo il M5S sono messe in giro da Renzi per destabilizzare il partito – difficilmente il partito potrebbe convincersi a mollare Conte, a meno che si trovi un modo per risarcirlo: magari con un numero di ministeri superiore al governo precedente, o la sostituzione del commissario europeo Paolo Gentiloni con un nome più gradito.
Ma al momento parliamo di ipotesi assai remote, perché il M5S teme la prospettiva di mollare Conte. L’azzardo con cui lo portò a sorpresa a Palazzo Chigi nel 2018, col senno di poi, si è rivelato una delle migliori decisioni prese dal partito. La sua popolarità costante lo ha tenuto a galla nonostante in questa legislatura sia venuto meno a moltissimi dei suoi principi fondativi, alleandosi prima con la destra e poi con la sinistra nel giro di un anno e mezzo.
Sostenere un “governo istituzionale”: i pro e contro sono più o meno gli stessi del Partito Democratico con la differenza che il M5S farebbe ancora più fatica a far digerire al proprio elettorato un governo “tecnico”, a cui in passato si sono sempre opposti.
Andare a elezioni: il partito non sparirebbe, ma complici i consensi dimezzati rispetto al 2018 e la riduzione del numero di parlamentari promossa proprio dal M5S, la maggioranza degli attuali parlamentari non sarebbe probabilmente rieletta.
Giuseppe Conte
(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Le strade del presidente del Consiglio uscente non sono moltissime, soprattutto dopo il fallimento dell’operazione dei “responsabili”.
Cercare di convincere Renzi e Italia Viva a sostenerlo di nuovo: il governo sarebbe salvo, pur con qualche ritocco nei ministeri, ma Renzi guadagnerebbe influenza e peso per almeno un anno. A partire da luglio infatti si entrerà nel cosiddetto “semestre bianco”, cioè gli ultimi sei mesi di mandato del presidente della Repubblica in cui la Costituzione impedisce lo scioglimento delle Camere. Giovedì, si è saputo, Conte ha chiamato personalmente Renzi, probabilmente per trattare il suo rientro nella maggioranza.
Farsi da parte: significherebbe probabilmente rinunciare alla propria carriera politica dato che le prossime elezioni si terranno probabilmente fra due anni, quando l’elettorato potrebbe averlo già dimenticato. Ad oggi però sembra che Conte stia facendo di tutto per rimanere al proprio posto.
Accettare di fare qualcos’altro: per esempio il ministro dell’Economia o degli Esteri, il commissario europeo al posto di Gentiloni, o un posto di vertice in un’azienda controllata dallo Stato. La sua carriera politica verrebbe sicuramente ridimensionata, ma sopravviverebbe in attesa di tempi migliori.
Centrodestra
(ANSA/ ANGELO CARCONI)
Dato che in Parlamento non ha numeri sufficienti per proporre un governo alternativo in questi giorni sta soprattutto a guardare, pur con qualche distinguo. Mentre il sostegno a un nuovo governo Conte sembra praticamente impossibile, le opzioni a disposizione sono due.
Sostenere un “governo istituzionale”: Forza Italia e la Lega, le due forze che con sfumature diverse si sono dette disponibili ad appoggiare un governo del genere, potrebbero guadagnare credibilità e tornare al centro del dibattito politico. Ma Fratelli d’Italia, il partito a cui più di ogni altro converrebbe tornare al voto, ha già detto di non essere disponibile a operazioni simili. Difficilmente la Lega sarebbe disposta a lasciare al partito di Giorgia Meloni la qualifica di unico partito all’opposizione.
Andare alle elezioni: in questo momento converrebbe quasi solo a Meloni, dato che Forza Italia si disintegrerebbe e anche la Lega è data una decina di punti sotto al risultato delle Europee del 2019.
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