Da Esopo alla crisi di governo: così i dialetti raccontano il mondo. E i coffee shop di Amsterdam a rischio
di Tommaso Pellizzari
Mentre un gruppo di studiosi italiani e francesi fanno leggere una celebre favola in un numero infinito di parlate locali, Beppe Severgnini ricorre al cremasco per spiegare l’assurda situazione politica italiana. Poi Claudio Del Frate racconta perché una delle principali attrazioni della città olandese potrebbe essere vietata agli stranieri
Parlando in dialetto si possono esprimere sfumature di significati, ripetere adagi antichi e ancora validissimi e, volendo, raccontare l’attualità con espressioni puntuali a volte più che nelle lingue «ufficiali», italiano compreso. Una prova la fornisce oggi (nel podcast «Corriere Daily») Beppe Severgnini spiegando la crisi di governo con parole o frasi tipiche del dialetto cremasco. Ma se parliamo (di) dialetto, è perché Federica Manzitti ci racconta il lavoro di un gruppo di ricercatori che raccoglie e cataloga le parlate delle piccole comunità in giro per il mondo. Un progetto del Laboratorio di fonetica sperimentale dell’Università di Torino e del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, aperto al contributo di tutti e che ruota attorno a «La Tramontana e il sole». Questa favola di Esopo è stata tradotta, letta e pubblicata su una mappa interattiva puntellata da 308 icone in corrispondenza dei Paesi in cui qualcuno si è cimentato in questa esperienza (per chi fosse interessato qui c’è il sito italiano; qui quello francese e qui la pagina Facebook). In molti casi c’è anche la trascrizione. La favola usata nei campionamenti di tutto il mondo è sempre la stessa, come da standard utilizzato per la prima volta nel 1886 dall’Associazione fonetica internazionale per saggiare la varietà delle lingue.
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