Crisi di governo, il totoministri: Boschi e Delrio poi i tecnici Panetta e Severino
Prima i temi, ripetono tutti. Ma è un rito verbale logoro perché le idee camminano sulle gambe delle persone e i nomi, le poltrone, sono decisivi per raggiungere la quadra. In queste ore, dunque, l’analisi dei temi si intreccia con l’«assetto» del governo.
Il primo ruolo da assegnare è quello del premier. L’ipotesi che prevale è quella di un Conte ter(l’alternativa sarebbe un governo istituzionale, con la suggestione di Mario Draghi non premier ma superministro dell’Economia). La poltrona decisiva è proprio quella del Mef. Matteo Renzi, nelle consultazioni con Roberto Fico, avrebbe chiesto almeno due ministeri, indicando quattro ipotesi: Economia, Istruzione, Infrastrutture e Lavoro.
Roberto Gualtieri è considerato da una parte del Pd (e da Italia viva) troppo contiano. Il Quirinale vorrebbe assicurare continuità in alcuni settori chiave. E non è un caso che all’epoca Giovanni Tria non sia stato indicato dai partiti. Ma sostituire Gualtieri — magari candidandolo a sindaco di Roma —, è difficile. Candidati politici all’altezza non se ne vedono, mentre sui tecnici (Draghi a parte), circolano l’ipotesi di Fabio Panetta, ex direttore generale della Banca d’Italia, oggi nel Comitato esecutivo della Bce (un nome che potrebbe mettere d’accordo tutti) e quello di Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate. Colpisce, però, l’endorsement pieno arrivato a Gualtieri dal numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi: «Per il bene del Paese alcune persone devono restare e faccio riferimento al ministro dell’Economia. Se abbiamo il Recovery fund è merito suo».
Gli altri due ministeri sotto il tiro dei renziani sono l’Istruzione, della «contiana» Lucia Azzolina, e quello della Giustizia.
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