Domenico Arcuri, tutti gli errori del commissario Covid: quanto ha speso e cos’ha comprato

Al 30 dicembre 2020 la spesa per le attrezzature e i materiali sanitari indispensabili nella lotta alla pandemia, ricostruita per Dataroom dall’Osservatorio MaSan (Management acquisti e contratti in Sanità) del Cergas-Bocconi, è di 5,5 miliardi così ripartiti: gli acquisti delle Regioni ammontano a 2 miliardi, quelli di Consip a 400 milioni, quelli della Protezione civile a 300, quelli del commissario Arcuri a 2,8 miliardi di cui 1,8 miliardi (il 65% del fabbisogno) riguardano mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3.

I prezzi a confronto delle mascherine Ffp2

Sulle mascherine non consideriamo la prima ondata, durante la quale si è consumato ogni sorta di sciacallaggio: non si trovavano e, pertanto, abbiamo dovuto accettare qualunque prezzo pur di averle. Dall’estate scorsa le cose sono cambiate: il mercato è inondato. Per quel che riguarda le Ffp2, il presidio numero uno per gli ospedali, sono pressoché tutte di produzione cinese. Visto che si tratta di quantità gigantesche non c’è dubbio che il commissario spunterà il miglior prezzo. L’11 settembre Arcuri firma un contratto da 100 milioni di pezzi con la YQT Health Care B.V. (la lettera di commessa), società olandese con un solo dipendente costituita il 16 marzo 2020. È una srl controllata dalla Bydcare Eu , filiale europea della cinese Byd, produttore di automobili di Shenzhen riconvertita, come dichiarato sul sito, nel più grosso produttore al mondo di mascherine. Al 20 dicembre l’unico destinatario di import sanitario della YQT è il commissario straordinario. Il prezzo pagato è di 105 milioni di euro, vale a dire 1,05 euro a mascherina. Le forniture sono mensili e, ad oggi, risultano consegnati oltre 45 milioni di pezzi. Val la pena sottolineare che la Byd cinese è la stessa azienda con cui il commissario aveva firmato le scorso aprile due contratti per una fornitura di 300 milioni di mascherine chirurgiche per 89,4 milioni di euro (30 centesimi l’una) con consegne avvenute fino ad ottobre. In quel caso però il pagamento era stato fatto direttamente alla società cinese senza passare dall’importatore olandese.

Dalla Cina all’Italia via Olanda il prezzo raddoppia

Il 25 settembre, dunque nello stesso periodo, l’azienda ospedaliera «Ospedali riuniti Marche Nord» di Pesaro aggiudica una procedura negoziata da 756 mila euro per l’acquisto di 2 milioni di Ffp2, prezzo: 37 centesimi l’una. La gara d’appalto è divisa in tre lotti. Uno degli aggiudicatari è la Polonord Adeste, importatore italiano di mascherine cinesi. La qualità è la stessa, la certificazione è equivalente (come mostrano i documenti esaminati da Dataroom), la differenza però non è banale: su 100 milioni di pezzi il commissario ha pagato 65 milioni in più. Anche la centrale acquisti della Regione Veneto, che per non rischiare di trovarsi scoperta ha acquistato un piccolo lotto, ha speso meno: 90 centesimi; mentre quella del Gruppo San Donato, il principale operatore della Sanità privata accreditata, ai primi di settembre se le aggiudica a 0,91 centesimi da un’azienda produttrice italiana. In sostanza si compra dalla Cina, si paga in Olanda, e si paga caro.

Terapie intensive: 5 mesi per l’elenco dei fornitori

Il decreto legge del 19 maggio 2020 prevede l’acquisto di attrezzature e ventilatori per potenziare di 3.500 posti letto le terapie intensive e di 4.225 le semi-intensive. Il 27 luglio Invitalia pubblica il bando in cui le aziende disponibili a vendere i macchinari devono segnalarsi per poi essere selezionate. Le Regioni comunicano le loro necessità entro il 31 agosto. Ma l’elenco dei fornitori, a cui le singole aziende sanitarie devono rivolgersi per negoziare, il commissario lo rende pubblico il 2 novembre, 5 mesi e mezzo dopo, nel pieno nella seconda ondata. Per quel che riguarda la fornitura da 10 milioni di euro per l’acquisto di 157 milioni di siringhe di precisione «luer lock», che estraggono 6 dosi invece di 5 da ogni fiala del vaccino Pfizer, vuole vederci chiaro la Corte dei Conti del Lazio per capire se sia fondato il sospetto che avrebbero potuto essere comprate siringhe decisamente meno costose. Ma anche se fosse, il commissario per decreto è immune da ogni responsabilità. Vale per le siringhe, le mascherine, le primule (i box per le vaccinazioni) e qualunque altro bene.

Che fine fanno le competenze?

Sta di fatto che la presenza di più soggetti che acquistano gli stessi materiali crea un cortocircuito di concorrenza che rende ancora più difficile portare a casa la merce. «La gestione degli acquisti sanitari durante l’emergenza Covid evidenzia i problemi profondi della macchina amministrativa del Paese – spiegano Francesco Longo, Niccolò Cusumano e Veronica Vecchi dell’Osservatorio MaSan Cergas-Bocconi –. Quando si affidano compiti speciali a strutture commissariali raramente si tiene conto delle competenze specialistiche necessarie, soprattutto in Sanità. Le strutture ordinarie dovrebbero, ben coordinate, potersi occupare anche di emergenze: il Servizio sanitario, le Regioni, le loro centrali di acquisto, le aziende sanitarie avrebbero dovuto occuparsi anche di Covid. E, in ogni caso, lo hanno fatto, ma ognuno per conto proprio e cercando di mettere “pezze” alle falle del sistema commissariale».

Sta di fatto che la presenza di più soggetti che acquistano gli stessi materiali crea un cortocircuito di concorrenza che rende ancora più difficile portare a casa la merce Questo succede perché viene creata una struttura che dovrebbe avere una funzione organizzativa e di guida valorizzando quelle che già si occupano della materia, che invece si sostituisce ad esse senza però averne le competenze specifiche. dataroom@rcs.it

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