Laboratorio Israele: vaccinato uno su tre. I primi effetti sugli over 65: contagi e ricoveri in picchiata
di Davide Frattini
Un centro per le vaccinazioni in un parcheggio vicino a Tel Aviv shadow
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME – Le code davanti alle cliniche per le vaccinazioni sono ormai sparite. Nessuno prova più a passare davanti agli altri per ottenere la puntura, restano le transenne messe giù dalla polizia nei primi giorni della campagna. Oltre 3 milioni di israeliani (su 9,2) hanno già ricevuto la prima dose, 1,8 anche la seconda: il ministero della Sanità punta a immunizzare i due terzi della popolazione (esclusi i minori di 16 anni) entro la fine di marzo.
La percentuale molto alta di vaccinati permette agli scienziati di calcolare i primi risultati a 40 giorni dall’inizio delle operazioni. Eran Segal, ricercatore degll’Istituto Weizmann, ha twittato entusiasta: «La magia è cominciata». Elenca i dati positivi tra gli over 60, i primi a essere inoculati, nelle ultime due settimane: calo del 35 per cento di nuovi contagiati dal Covid-19, meno 30 per cento di ricoveri, meno 20 per cento di malati gravi. Fa notare che questi numeri sono migliori che in generazioni più giovani e non erano stati raggiunti neppure con il lockdown precedente.
Il Paese resta chiuso almeno fino a venerdì, isolato dal resto del mondo (i voli in ingresso e uscita bloccati). Perché – nonostante il record nelle vaccinazioni – preoccupano le varianti inglese e brasiliana. Gili Regev-Yochay, direttrice dell’unità di epidemiologia all’ospedale Sheba, avverte che con queste mutazioni del Coronavirus in circolazione una percentuale più alta della popolazione (l’80-90 per cento) deve essere vaccinata per raggiungere l’immunità di gregge. Fino ad ora i calcoli sono stati eseguiti escludendo dalla campagna i minori di 16 anni (un terzo del totale) e secondo la professoressa Regev-Yochay «sarà inevitabile vaccinare anche loro». In ogni caso – prevede – «gli israeliani dovranno indossare le mascherine almeno fino all’estate».
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