La mesta vita cui ci siamo (quasi) abituati
Mai ci saremmo immaginati di non poter più stringere mani, né poter abbracciare e baciare; mai ci saremmo immaginati di vedere nel nostro prossimo, con sospetto, un potenziale pericolo. Mai ci saremmo immaginati che la mascherina sarebbe diventata un indumento ineliminabile come l’intimo e forse qui – solo qui – riesco perfino a trovare qualcosa di bello, perché abbiamo almeno imparato a guardarci negli occhi, quando prima era così raro trovare qualcuno che quando ci parlava riusciva a fissarci negli occhi senza abbassarli o volgerli altrove. Oggi non c’è altro varco per entrare nelle persone che incontriamo: è vietato il tatto, è impedito l’olfatto, è negato il volto ma almeno ci sono gli occhi, e gli occhi portano dentro l’anima. Non so voi, ma ho l’impressione che se un anno fa ci avessero predetto tutto questo saremmo rimasti sgomenti, ma ora un po’ ci siamo abituati. Forse, quando tutto questo sarà passato, alcune delle abitudini di questo tempo non le vorremo e non le potremo abbandonare perché l’uomo si è sempre abituato a tutto, dall’età delle caverne in poi. Lamentandoci, ma ci abituiamo a tutto. Cioè, non proprio a tutto: a qualcosa no.
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