Draghi, l’istruzione dai gesuiti, i genitori persi a 15 anni: chi è l’uomo che ha convinto i mercati e salvato l’euro
Sa chi sono gli avversari della moneta unica. Chi si muove sui mercati — in modo rapido, a volte incomprensibile, più spesso strategico — per trovarne le falle e poterci guadagnare. Li conosce anche perché ha lavorato per loro. Nel 2002 per pochi anni è in Goldman Sachs, una delle banche d’affari più potenti e ramificate al mondo. Quei tre anni avrebbero potuto persino costargli lo sbarco alla Bce. Ma non è così. Piuttosto ha un passaporto che gioca contro di lui, quello italiano. La Bild, il quotidiano tedesco che senza peli sulla lingua interpreta la pancia profonda della Germania, scriverà: «Draghi è quello della lira! per la memoria: questa era la moneta con un numero infinito di zeri». L’11 maggio del 2011, tuttavia, il portavoce di Angela Merkel annuncia che appoggerà la candidatura di Draghi. La porta d’ingresso per l’istituto centrale di Francoforte non è spalancata, ma è aperta.
Vent’anni prima era stato richiamato in Italia da Guido Carli. Da sei era direttore esecutivo della Banca mondiale. Ma Carli lo vuole al Tesoro, è il ministro del settimo governo Andreotti. E in Italia le tensioni economiche, finanziarie non sono esplose ma i più accorti sanno che la stagione del consociativismo ha portato il Paese su una china difficile. Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore della Banca d’Italia, ha l’intuizione di far arrivare il nome a Carli. Saranno dieci anni di scosse quelli trascorsi in via XX settembre. La speculazione contro la lira. Le maxi manovre del governo Amato. A Palazzo Chigi passeranno Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema, ma Draghi rimarrà al suo posto. Il suo far domande piuttosto che propalare false certezze si trasformerà in un mix di preparazione accademica e diplomazia che lo renderà indispensabile a qualsiasi inquilino di via XX settembre. Stefania Tamburello lo racconterà nel suo “il Governatore” mentre fa parte dei negoziati che porteranno al trattato di Maastricht. Dovrà sostenere l’uscita della lira dallo Sme. Arriveranno le grandi privatizzazioni. E sarà attaccato per aver voluto vedere gli investitori finanziari sul panfilo Britannia della regina Elisabetta. Guiderà la Banca d’Italia. E sarà lui a essere chiamato alla guida del Financial Stability Forum dai capi di Stato del G20 per capire che cosa è accaduto nella crisi del 2008. E soprattutto a tentare di comprendere come uscirne e fare in modo che non riaccadesse. È in quegli anni che matura i convincimenti che ancora oggi fanno da fondamenta all’azione della Banca centrale europea. Che lo porteranno a ideare prima e a gestire poi quegli stimoli economici che hanno fatto da barriera a una crisi che poteva portare anche alla fine dell’Europa come l’abbiamo conosciuta in questo millennio. Il presidente Sergio Mattarella gli è stato vicino in questi anni. Chissà quante domande avrà ascoltato. E da quali di quei quesiti avrà tratto la spinta a fare la telefonata che probabilmente né il Colle avrebbe voluto fare, né Draghi avrebbe voluto ricevere.
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