Ha salvato l’Europa ora curerà il Paese

marcello sorgi

L’appello che in tono drammatico il Presidente Mattarella ha rivolto a tutte le forze politiche perché consentano la nascita di «un governo di alto profilo, non identificato con nessuna formula politica», guidato da Mario Draghi, chiude la prima fase della crisi di governo e inaugura la seconda, incerta, al momento, come quella appena conclusa. Se fallirà, il Capo dello Stato lo ha lasciato capire chiaramente, non restano che le elezioni anticipate. Tra campagna elettorale, inaugurazione della legislatura, trattative per un nuovo esecutivo e voto di fiducia nelle nuove Camere, sarebbero cinque mesi di inerzia, o peggio, di ulteriori lacerazioni, in cui mancherebbero gli strumenti per affrontare le gravi emergenze in cui è immersa l’Italia. La pandemia con il suo carico di contagi e di morti. La campagna di vaccinazione con i ritardi nella fornitura delle dosi. La questione sociale con il blocco dei licenziamenti che sta per scadere. L’accordo con Bruxelles per i fondi europei.

L’

È per queste ragioni che Mattarella – pur riconoscendo che le urne sarebbero il punto d’arrivo naturale per un Parlamento che non riesce più a esprimere una maggioranza – vuol fare di tutto per evitarle, o almeno rinviarle. E affida a Draghi il compito più difficile della sua lunga carriera, segnata da grandi meriti e passaggi importanti, come quelli al Tesoro, alla Banca d’Italia e alla Banca centrale europea. Adesso dovrà provare a domare le belve che tutti i giorni si sbranano a parole in Parlamento. È inutile nasconderlo: non sarà facile. La destra di Salvini e Meloni già alza gli scudi e invoca il voto. Berlusconi tace, ma ha davanti un sentiero stretto: se davvero si va a elezioni, la vittoria del centrodestra è assai probabile, e lui non potrebbe sottrarsi. Il centrosinistra è a pezzi. I 5 stelle, ridotti come sono ridotti, non ce la possono fare a restare uniti e a sostenere un governo guidato dal maggior tecnocrate del Paese. Renzi dirà subito di sì, e questa diventerà una scusa, per gli altri, per resistere alla convivenza forzata con l’affossatore dell’alleanza giallorossa. Draghi spenderà di sicuro tutto il suo prestigio per ottenere un via libera che non potrà non essere condizionato, nel programma e nel tempo a disposizione.

In ogni caso, niente potrà cancellare quanto è accaduto nelle ultime settantadue ore. Qualcosa di mai visto prima. Le consultazioni appena finite al Quirinale, spostate alla Camera, per assistere a un vergognoso doppio gioco. In cui tutti fingevano di prestarsi al tentativo di sminuire le divergenze con il confronto programmatico, per poi coinvolgere il presidente della Camera nell’assurda trattativa sui nomi e le poltrone. S’è mai visto un governo nascere senza il presidente del consiglio? Mai. Eppure anche questo si doveva vedere, senza riflettere sulle conseguenze che avrebbero portato gli esiti degli ultimi due giorni ai limiti dell’oltraggio al Presidente della Repubblica.

Per certi versi, è meglio che sia finita così, anche se la soluzione della crisi torna al punto di partenza proprio quando sembrava possibile. Immaginarsi infatti cosa sarebbe accaduto se alla fine di questi due giorni di mercato all’aperto, condotto parte via call e parte di persona, in una sala attigua a quella in cui invano si cercava l’accordo sul programma, l’esploratore Fico si fosse presentato al Quirinale, dicendo che l’intesa era stata raggiunta ed era stata anche scritta la lista dei ministri, che il Capo dello Stato e l’incaricato che ancora doveva essere nominato avrebbero dovuto semplicemente sottoscrivere, segnando un’inaudita e pubblica sottomissione al diktat dei partiti, di questi partiti.

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