Consultazioni, i colloqui di Draghi: sarà un governo tecnico o politico?

di Francesco Verderami

Consultazioni, i colloqui di Draghi: sarà un governo tecnico o politico?

A Draghi servirà del tempo ma Draghi non perderà tempo. Il suo governo è tutto da costruire e il suo primo giorno da presidente del Consiglio incaricato è servito anche a prendere confidenza con i riti delle istituzioni, a memorizzare le procedure del cerimoniale, a stendere la dichiarazione con cui si è presentato al Paese e al Palazzo dopo aver ricevuto il mandato da Mattarella. Se ieri non ha sentito nessun esponente di partito è perché contattarli prima non sarebbe stato corretto, avrebbe potuto prefigurare l’apertura di canali preferenziali, suscitare malintesi. Lo farà oggi, con l’inizio delle consultazioni, dopo aver ottenuto carta bianca dal presidente della Repubblica sulla composizione del governo, sul perimetro della maggioranza, sui tempi che serviranno per completare un’operazione che si preannuncia complessa. È vero, non sarà facile gestire i rapporti con i partiti, ma non fu nemmeno facile gestire il board della Bce nel passaggio più drammatico, quando riuscì a salvare l’euro e l’Europa.

Proprio quella esperienza restituisce di Draghi l’immagine di un politico più che di un tecnico. D’altronde il premier incaricato non è mai stato favorevole ai governi tecnici, ritenendo che la rappresentanza sia un valore fondamentale della democrazia. Perciò si affiderà alle consultazioni per capire quale possa essere la soluzione migliore, per questo vorrà ascoltare i partiti, ragionare sui loro orientamenti, in attesa di stabilire se optare per un gabinetto tecnico o piuttosto per una squadra con personalità politiche, così da stringere un rapporto più forte con le forze che vorranno dargli la fiducia. Lo schema di lavoro che Draghi si è dato lascia quindi supporre che svolgerà due giri di colloqui. Per avere un quadro più esaustivo, certo. Ma anche per far decantare il clima arroventato in Parlamento, per far cadere i muri dettati dal pregiudizio e dalla contrapposizione feroce, per consentire ai suoi interlocutori di prendere coscienza del tornante che l’Italia sta per affrontare e riuscire così a ottenere quell’«unità» necessaria a fronteggiare le emergenze del Paese. Perché c’è ancora chi fa finta di non capire e si trastulla in giochini di Palazzo, incurante delle parole con cui Mattarella ha ricordato che sta per scadere il decreto sul blocco dei licenziamenti e del passaggio con cui il premier incaricato ha accennato alla «coesione sociale».

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