Draghi, l’8 settembre del Movimento 5 Stelle. Così finisce il populismo di governo
di Antonio Polito
Emilio Carelli ha fatto il canarino. Come quegli uccellini che i minatori portavano con sé in galleria, e quando smettevano di cantare voleva dire che l’aria si stava facendo irrespirabile ed era ora di scappare, l’addio dell’ex anchorman al M5S è stato il segnale che il populismo di governo stava finendo. Anch’esso di asfissia, peraltro. Il governo dei Cinquestelle non è morto nelle piazze per difendere il reddito di cittadinanza, ma nel Palazzo per difendere la Catalfo, nel viluppo di un corpo a corpo per le poltrone con Renzi, cintura nera di questa arte marziale. La linea «Conte o morte» è ben presto diventata «Bonafede o morte», poi «Azzolina o morte», e perfino «Arcuri o morte», che cosa c’entri poi il manager di Invitalia col populismo Dio solo lo sa. Così, a furia di evocare la morte, essa è sopraggiunta per carenza di politica. Crudeltà della storia, o del mandato esplorativo, a certificarla un medico legale di nome Roberto Fico.
Il MoVimento, nato in nome del «vaffa», ha dunque avuto il suo 8 settembre mentreurlava «resta» ai ministri, finendo così per obbedire a quella «legge ferrea delle oligarchie» che prima o poi imborghesisce tutti i partiti rivoluzionari. Finisce così non il populismo, ma il suo governo. E forse anche la possibilità stessa, almeno per questa legislatura, di un populismo di governo. È l’esito sorprendente dell’ennesima «rivoluzione» politica all’italiana, cominciata nelle elezioni del 2013, e portata a compimento con la presa di Palazzo Chigi il primo di giugno del 2018. Quel giorno, in uno splendido pomeriggio romano, nei giardini del Quirinale dove si celebrava la Festa della Repubblica, irruppero decine di homines novi, non descamisadosma in giacca, cravatta e pochette, convinti di poter fare in Italia una «primavera araba», che avrebbe mandato a casa un’intera classe dirigente.
Si trattava di un esperimento unico nel Continente. Andava al potere un partito chenon apparteneva a nessuna famiglia politica europea; che teorizzava di non doversi alleare mai con nessuno, e poi di potersi alleare con chiunque, con la destra o la sinistra indifferentemente. Un partito eterodiretto, visto che chi lo comandava era fuori dal Parlamento; e virtuale, visto che chi lo controllava era un algoritmo (o presunto tale). Ciò che più conta, un partito convinto di potersi liberare anche dei vincoli della realtà. Questa ebbrezza raggiunse il suo acme pochi mesi dopo, nella notte del 28 settembre del 2018, quando dal balcone di Palazzo Chigi, davanti a una folla festante composta di soli parlamentari Cinquestelle,Di Maio annunciò solennemente l’«Abolizione della Povertà» grazie a uno sforamento unilaterale del 2,4% di deficit.
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