A occhio e croce
Mattia Feltri
Rimane una sola domanda ma è da far tremare i polsi: ci staranno i cinque stelle ad appoggiare un governo di Mario Draghi? Siamo andati negli archivi a cercare i più piccoli indizi.
Allora, nel 2014 Beppe Grillo chiedeva che Draghi fosse messo sotto processo per aver portato i soldi pubblici alle banche europee. L’anno dopo lo accusava di rubare i soldi del welfare per i medesimi scopi. Nel 2017 Elio Lannutti, quello che crede che il mondo sia governato dagli ebrei, dai rettiliani e da Lucifero, diceva che Draghi è uno che taglieggia le imprese per foraggiare i banchieri.
Nel 2016 Luigi Di Maio ha invitato Draghi a «facce Tarzan». Pochi mesi più tardi ha spiegato che Draghi usava il suo bazooka per dopare un sistema ormai finito, e che avrebbe dovuto fare i conti con la realtà. Nel 2014 la sezione europea del Movimento (non so che fosse, ma esisteva) ha definito Draghi una Mary Poppins suonata che tira fuori dalla borsetta le solite vecchie ricette. Poco meno di un anno fa Alessandro Di Battista ha pregato Dio di scamparci Draghi con tutto quello che ha fatto all’Italia, prima dal Tesoro poi dalla Bce.
Nel 2015 i deputati del Movimento, con una nota, hanno detto che Draghi dava risposte surreali, da maestrina, che era pieno di conflitti d’interessi e che la sua gestione della Bce era da cieco. Gli stessi deputati, due anni dopo, hanno aggiunto che Draghi era alla canna del gas, che il Qe (l’acquisto dei titoli di Stato da parte della Banca centrale per tenere basso lo spread) non serviva a niente, e che Draghi non capiva un’acca di economia. Quindi, a occhio e croce, tutto a posto: si fa sicuro.
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