Covid, perché in Italia il numero dei morti continua a essere così alto
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In 77 casi la diagnosi di ricovero riguardava esclusivamente patologie neoplastiche, in 184 casi patologie cardiovascolari (per esempio infarto miocardico acuto-IMA, scompenso cardiaco, ictus), in 74 casi patologie gastrointestinali (per esempio colecistite, perforazione intestinale, occlusione intestinale, cirrosi), in 219 casi altre patologie. Come si potrà notare nel grafico sottostante, però, la stragrande maggioranza delle persone poi decedute aveva 3 o più patologie gravi.
A Flourish chart
Queste, invece, le patologie più comuni associate ai morti di Covid o con Covid.
A Flourish chart
Dove si muore di più in Italia
Sono 50mila i decessi per Covid in Italia durante la seconda ondata dell’epidemia. Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sulle caratteristiche dei pazienti deceduti, aggiornato al 27 gennaio, da ottobre le vittime del virus sono 49.274: superato ampiamente il bilancio della prima ondata, da marzo a maggio 2020, quando i decessi furono 34.278. Nella fase intermedia, quella estiva da giugno a settembre, i morti sono stati invece 1.837.
A Flourish map
Tra prima e seconda ondata, si evince dal report, si è modificata la distribuzione regionale: se nella prima fase, che ha travolto prevalentemente il Nord, in Lombardia si contavano addirittura il 47,7% delle vittime totali, in questa seconda la percentuale scende al 19,7, una su cinque. Seguono il Veneto, con il 13,2% dei decessi, l’Emilia Romagna con il 9,7%, il Piemonte con l’8% e il Lazio con il 7,6%. Quanto alle caratteristiche dei deceduti, l’età media dei è 81 anni. Le donne decedute sono 37.295 (43,7%). Che cosa significa tutto questo? «Emerge un fatto in particolare, i pochi morti durante il periodo estivo – spiega Di Perri –. Questo calo è dovuto ad una bassa circolazione del virus durante la bella stagione e la conferma arriva dai bassi contagi. Abbiamo notato, invece, che i contagi sono ripresi con il ritorno dalle ferie e la riapertura delle scuole. Alcune settimane dopo si è ripresentato il picco di morti».
Il caso Piemonte
Un focus particolare è stato realizzato per il Piemonte tra la prima e la seconda ondata. Lo metteremo in evidenza attraverso una serie di diapositive. Nella prima ondata il denominatore rappresentato dal numero di infezioni si limita quasi esclusivamente ai pazienti con sintomi, non avendo grande disponibilità diagnostica nella rete dei laboratori piemontesi. In sostanza il tracciamento era ancora piuttosto limitato. Il numero di morti tra prima e seconda ondata è, in effetti, quasi lo stesso.
Quello che però colpisce è che la maggior parte dei decessi sia avvenuto nella fascia di età tra i 65 e gli 84 anni, ma soprattutto è il confronto tra prima e seconda ondata a colpire: si vede, infatti, la forte impennata dei decessi relativi a questa fascia di età. «Ecco perché – conclude Di Perri – la vaccinazione per gli over 65 diventa determinante nell’arresto della mortalità per Covid». Perché è vero che la maggior parte dei morti è dovuta alla compresenza di Sars Cov-2 e patologie gravi, ma è anche vero che l’aspettativa di vita viene accorciata inesorabilmente a causa del Covid in pazienti già fragili e vulnerabili.
Insomma, non siamo stati in grado di proteggere le categorie più fragili. «Lo dimostra il fatto che – spiega ancora Di Perri – con l’allentamento delle misure di restrizione durante il periodo natalizio, i contagi sono nuovamente ripresi a salire e, di conseguenza, anche i morti». A questo dobbiamo aggiungere l’età particolarmente avanzata del nostro Paese. Il paragone con Stati – seppure molto diversi dal nostro – dove l’età media è più bassa resta, così, impietoso.
LA STAMPA
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