Il Palazzo non ha ancora capito perché esce Conte ed entra Draghi

By Mattia Feltri

A dicembre Huffpost aveva pubblicato un pezzo titolato «Il più grande rischio per l’Ue si chiama Giuseppe Conte». Negoziati la natura e gli importi del Recovery e tagliata la lingua chiassosa dei sovranisti, a Bruxelles ma soprattutto a Berlino cominciavano da qualche settimana a domandarsi se il governo italiano sarebbe stato in grado di usare il denaro con intelligenza e coscienza, per svecchiare e rifondare il sistema, o se invece l’avrebbe destinato all’arredo urbano del paese dei balocchi, una specie di spartizione festosa del bottino. In questo secondo caso, l’Europa non avrebbe retto, considerata anche la posizione dei frugali, che prima hanno cercato di ridiscutere le somme, poi si sono fatti il segno della croce: una polveriera in mezzo all’Eurozona, scriveva il giornale vicino alla Bundesbank.

Ecco, non c’è molto altro da capire. Non c’è tanto aggiungere sul perché Giuseppe Conte esca ed entri Mario Draghi. Lo dico perché alcune interviste uscite stamattina sui giornali sono sbalorditive. Dico, per esempio, quella concessa a Repubblica da Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, componente di Liberi e Uguali (mamma mia, i partiti italiani…), che rispetto a ieri si raddrizza un poco e dice vediamo, con Draghi si può fare, purché non ci stiano dentro Giorgia Meloni e Matteo Salvini: coi razzisti mai e poi mai. Ora, non credo che i due siano razzisti, possiamo dire con buona approssimazione alla verità che ai numerosi razzisti italiani hanno strizzato l’occhio, ne hanno coltivato le simpatie per raccattarne il consenso, e non è roba da poco. Per certi versi è anche peggio. Ma la presa di posizione di Fratoianni non sta in piedi. Primo, Meloni e Salvini non hanno opposto veti su di lui. Secondo, lasciare il governo in balia di chi si ritiene razzista è una resa sconsiderata. Terzo, non è a Fratoianni che si chiede di cedere a un governo sovranista, sono Meloni (che non lo farà) e Salvini (forse sì) eventualmente a cedere a un governo che è il massimo dell’europeismo. Sarebbe un trionfo a cui Fratoianni si sottrae per gusto di purezza. Boh.

Ma, soprattutto, a leggere di Fratoianni, e non solo, a leggere di tanti altri, delle loro perplessità dozzinali – mi conviene, non mi conviene, come andranno i sondaggi, la gente non capirà, questo è brutto, quello è cattivo, quell’altro mi ha rubato la fidanzata – viene da pensare che non ci hanno capito nulla. Non hanno capito che il sistema è saltato, non se ne rendono conto, non gli viene in mente che il passo successivo è di far saltare anche quei due centimetri di credibilità ancora concessi al nostro paese. E qui torniamo all’inizio: il perché Giuseppe Conte è uscito e Mario Draghi è entrato, è questione che non appartiene a una semplice evidenza dell’utile e del dilettevole: un amico mi ha scritto che è come se Raffaello desse una mano a verniciare le strisce pedonali. E’ una questione che ha a che vedere con la pianificazione dei prossimi decenni, e se noi e noi nostri figli vivremo in un paese al passo coi tempi oppure in uno scivolato nel Nord Africa (altro che barconi), se mangeremo la fettina di carne o pane e cicoria, se davanti abbiamo un destino di speranza o di irreversibile declino.

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