Draghi, per il governo l’idea di incarichi a «personalità d’area» per tenere insieme la maggioranza

Oggi Berlusconi arriverà a Roma per dare la sua fiducia al presidente del Consiglio incaricato. I suoi parlamentari di fatto l’avevano già data. E come il Pd aveva chiesto ai grillini il sacrificio di appoggiare Draghi per tenere in vita almeno la loro alleanza, anche il centrodestra è stato costretto ieri al sacrificio. La coalizione si è divisa. Meloni non darà la fiducia, e questo il premier lo aveva messo in preventivo. Non immaginava invece che Giorgetti avrebbe tenuto fede a ciò che si era ripromesso, portare cioè la Lega in maggioranza: «Io Draghi lo conosco bene», ha esordito alla segreteria del Carroccio. E dopo di lui il solo Bagnai è rimasto intransigente.

Così i leghisti che conoscono bene gli imprenditori sui territori, hanno consegnato a Salvini il messaggio che hanno da loro ricevuto: «Non fate cazzate con Draghi». E in Draghi (quasi) tutti i dirigenti vedono «un investimento politico» del partito sul futuro, la legittimazione in Italia e in Europa, la partecipazione al processo delle riforme e all’elezione del capo dello Stato, un rapporto più collaborativo nel rapporto tra potere centrale e strutture regionali, e in prospettiva il consolidamento del consenso elettorale. Perché è stato ricordato che ai tempi del «disastroso Monti», la Lega pur restando all’opposizione ricavò dalle urne solo il 4%. Mentre ai tempi del «disastroso Conte», la Lega di governo prese il 34%. Ma i dilemmi delle forze politiche non sono (per ora) problemi di Draghi: lui si è presentato spiegando di non voler commissariare i partiti. Perciò i partiti non possono e non vogliono sottrarsi.

CORRIERE.IT

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