Draghi, lo sbarco di un «marziano» nel mondo della politica social: sul web non ha alcun profilo
di Antonio Polito
Dal primo ministro dell’Interno food-blogger che mostrava ai follower la sua cena, spaghetti con ragù star e Barolo, al primo ministro senza neanche un account social? Mentre Mario Draghi arrivava ieri a Roma in un’auto con i vetri oscurati, avvolto dal riserbo di una vita in fumo di Londra, Matteo Salvini postava su Twitter la foto della figlia di otto anni con cappuccetto rosso e senza pixel: «Buona giornata papà: e il giovedì, con questi occhietti furbi, diventa subito più bello». Il salto nell’intimità domestica dei politici ha frantumato le ultime barriere del pudore. Al punto che fanno ormai tenerezza i vecchi selfie con le fidanzate: Salvini dormiente al fianco della bruna, e per l’alter ego, Di Maio, il bacio plateale con la bionda, residui di un esibizionismo macho-affettivo studiato apposta per presentarsi al grande pubblico come «uno di noi», invece di «uno di loro».
Il Capitano leghista, si sa, è il più avanti di tutti nella corsa al magico mondo alla rovescia della celebrity, nel quale si è bravi se si è famosi, e non viceversa. Con l’aiuto della “Bestia”, la formidabile macchina di propaganda digitale guidata da Luca Morisi, il Matteo con la barba sfiora i sei milioni di follower sulle varie piattaforme, in particolare le più pop come Facebook e Instagram, in cerca dell’effetto Trump. L’altro Matteo, Renzi, arranca molto indietro, e tiene botta solo su Twitter, roba più cerebrale e radical chic, dove posta selfie mentre corre al mattino, cercando l’effetto Obama.
Ruspante e in crescita la Meloni, molto impressionista con i suoi video urlati“en plein air”. Ma Salvini è più sperimentatore. Primo politico italiano a sbarcare su TikTok, il social vietato ai minori di 13 anni, ci ha provato perfino su Parler, la piattaforma dei sovranisti trumpiani diventata celebre dopo l’assalto a Capitol Hill: non ha fatto neanche in tempo a iscriversi che già l’avevano chiusa per motivi di ordine pubblico. Senza dire di Giuseppe Conte, l’ex anonimo avvocato del popolo: avendo alle spalle Casalino, uno che il grande fratello orwelliano lo conosce, con le conferenze stampa dei Dpcm raddoppiò l’audience in un solo mese (purtroppo il più brutto per l’Italia, tra marzo e aprile dell’anno passato). Perfino Zingaretti, non esattamente un leone da tastiera, non disdegna di usare Facebook per «fatto personale», e polemizzare con una giornalista che gli aveva dato dell’ologramma.
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