“Conte, Draghi e la data del voto”. ​Tutte le “profezie” di Cacciari

Francesco Curridori

“Conte oggi si è proposto come il candidato premier di una coalizione Pd-Cinquestelle, non c’è dubbio”. Così il filosofo Massimo Cacciari, per molti anni sindaco di Venezia, raggiunto telefonicamente da ilGiornale.it, analizza la crisi dei giallorossi e il futuro politico del premier uscente.

Secondo lei, il Pd di Zingaretti come ha gestito questa fase di crisi politica?

“Ha dato segni di grande impotenza perché le trattative con Renzi dovevano essere affidate al Pd. Dovevano essere i dem a fare il mestiere di dettare l’accordo con Renzi e, chiaramente, non gli è riuscito. Al di là di quello, sono anni che, di fatto, il Pd puntella i governi che si succedono. È un partito sempre a rimorchio della situazione. Per carità, questo è anche un elemento di equilibrio però mi pare che manchi completamente di una strategia propria”.

Ma non è stato, forse, un errore quello di arroccarsi sul nome di Conte?

“È evidente che non era così, ma neanche colà. Il Pd è un partito incerto e senza strategia per cui era chiaro che per i dem andava bene anche se non c’era Conte. Ma, nello stesso tempo, Conte era quello su cui sembravano puntare i Cinquestelle in modo tassativo. I dem avrebbero accolto benissimo anche un presidente diverso da Conte, anche Di Maio sarebbe andato bene. Il Pd è un partito che, sull’altare della governabilità e della stabilità che (non c’è), va avanti così”.

Ieri si è tenuta una riunione virtuale tra Pd, LeU e M5S. È il segno che l’alleanza giallorossa ha un futuro?

“Sì, può essere una prospettiva. Io stesso mi auguravo nascesse già nel 2018, ma poi non è maturato nulla. È maturata solo un’esperienza di governo che, dal punto di vista politico, non ha prodotto nulla, un governo che è nato semplicemente per evitare le elezioni e nient’altro. O meglio, per la paura dei Cinquestelle di andare al voto, e non del Pd o di Zingaretti. È stato un governo che non ha portato avanti un’esperienza politica di intesa di Pd e M5S, degna di questo nome. Personalmente mi augurerei che maturasse qualcosa di serio tra Pd e Cinquestelle, ma al momento ne vedo labilissime tracce”.

Eppure oggi è sembrato che Conte volesse prendere la leadership della coalizione…

“È il gioco che sta facendo ora, ma sarà molto difficile che ci riesca così. Dovrebbe costituire un suo movimento oppure dovrebbe esplicitamente diventare il capo del M5S. Ma ce la farà a diventare capo dei Cinquestelle? Può darsi, con l’avvallo di Grillo può farcela. Altrimenti, rimanendo a casa e facendo il battitore libero, non potrà essere premier manco per sogno. Questo, nell’eventualità remotissima che il centrosinistra vinca le prossime elezioni”.

Ma Conte è il nuovo Prodi 2.0?

“Ma scherza? Prodi è uno che faceva politica da quando aveva i calzoncini corti. Era un politico di lunghissimo corso, ammanigliatissimo con tutti i potentati democristiani. Prodi è il capo politico della fu Democrazia Cristiana. Conte è un signor nessuno”.

La leadership di Zingaretti nel Pd è a rischio?

“Non c’è alternativa. Non ha dato fastidio a nessuno, purtroppo. Quindi, perché dovrebbero cambiarlo?”.

E, ora, Renzi che ruolo avrà?

“Ah questo andrebbe chiesto a lui… Cosa gli viene in testa oltre a questa vittoria di Pirro di poter dire ‘Ho mandato a casa Conte?’ Sicuramente Draghi sarà così intelligente da non dare alcun ruolo al movimento di Renzi nel nuovo governo. Qualunque sia il carattere di questo governo, se più tecnico o più politico, Renzi non ci sarà. Questa è l’unica cosa certissima. E, dunque, cosa fa? Crede di recuperare tanti voti perché ha mandato a casa Conte?”.

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