Il nuovo governo: una sfida per tutti
In una situazione del genere la chiave non è spendere i soldi del Recovery, perché questo in sé non risolverebbe molto. Quando il pacchetto di Next Generation Eu fu definito in luglio con 750 miliardi per l’Unione Europea e 209 solo per l’Italia, nessuno poteva sapere quanto violenta sarebbe stata la seconda ondata del virus, quanto numerose le varianti e quanto lento il dispiegarsi dei vaccini. Oggi quei fondi europei non sono molti, rispetto ai danni portati dalla pandemia. Dalla banca dati della Commissione europea si può calcolare come solo in investimenti privati fra il 2020 e il 2022 l’Italia perda 140 miliardi, rispetto alla normalità pre-Covid e l’Europa 1.100. Questo buco vale da solo più dell’aumento netto di investimenti pubblici ad oggi previsto con il Recovery fino al 2026. Per questo la vera missione del prossimo governo non è semplicemente spendere quei soldi europei. È farlo così bene da attivare almeno altrettanti investimenti privati, altrimenti anche quelli serviranno a poco.
Qui viene la parte difficile, per i partiti che stanno aprendo la strada a Mario Draghi. Perché non possono limitarsi all’unico atto di buona volontà di far salpare la scialuppa, dovranno anche favorirne la navigazione nei punti delicati. Per far arrivare i bonifici da Bruxelles e poi farli funzionare nel tessuto dell’economia, il Recovery implica riforme così scomode e sgradite ai gruppi d’interesse del Paese che la politica le ha sempre spazzate più in là. Non solo la giustizia civile da velocizzare o l’amministrazione da rendere meno sclerotica. C’è anche la concorrenza, con la messa a gara delle concessioni balneari, delle forniture di servizi di rete a livello locale o l’apertura delle attività dove oggi gli ordini professionali fanno severamente la guardia ai cancelli. Quanto alle innumerevoli imprese zombie tenute artificialmente in vita nel 2020, il rapporto del G30 firmato anche da Draghi un mese fa consiglia di fornire aiuti solo alle attività che hanno realmente un futuro e prescrive un’accelerazione delle procedure fallimentari.
Questa oggi è l’agenda di cui l’Italia ha disperatamente bisogno. Sarebbe un disastro che i partiti si mettessero di traverso perché, non temendo lo spread finanziario, non vedono lo spread reale. Gli investimenti in macchinari e tecnologie in America stanno già ripartendo fortissimi, la Cina corre e tra qualche mese anche l’Europa vedrà una ripresa. Se tra un anno l’Italia sarà sempre bloccata, afflitta dai suoi soliti mali, non ci sarà più pazienza per noi. Né a Bruxelles, né a Francoforte, né sui mercati.
Oggi il Paese ha un’occasione unica di riprendere il proprio posto nel mondo e dare un futuro ai figli, ma per coglierla non bastano le qualità eccezionali di un uomo solo. Anche lui ha bisogno di un’assunzione collettiva di responsabilità.
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