Crepet e il post-pandemia: “Ci salveranno un gelato con il migliore amico e la manutenzione dei sentimenti più semplici”
Lo spazio e il tempo dovranno tornare a contenere l’imprevisto, che è il sale dell’esperienza. «Perché è molto diverso girare il mondo su Google Earth o sentire nelle proprie narici il profumo di cannella o cumino che invade il Gran Bazar di Istanbul. Quella sarà di nuovo felicità vera e non virtuale, un treno senza orario che non sai mai quando passa».
Il dopo lockdown va dunque immaginato come un grande «riattivatore dei sensi», grazie all’amore, all’amicizia e al riconoscimento della felicità vera. Niente sarà più come prima. S i continuerà a lavorare da casa, a diffidare di un abbraccio o studiare sul tablet: «Saremo più consapevoli della frangibilità del bene, dell’importanza di un amico con cui condividere una partita o un grande dolore, ma soprattutto saremo così annoiati dalla tecnologia che cercheremo l’autenticità, l’ormai rimossa esperienza dal vivo».
Ma eccolo il nuovo bivio. Nelle persone prevarrà questa voglia di mordere dal vivo i giorni o la «sindrome da tana»? «A mio parere – risponde Crepet – Zuckerberg o Besos non hanno tenuto conto che l’uomo è capace di annoiarsi. E non è a colpi di tastiere dorate per nuovi intelligentissimi telefonini che lo si può conquistare per sempre».
Bisogna, insomma, ripartire dai fondamentali. Come l’amicizia che «nonostante sia come una pianta grassa che ha bisogno di poca acqua, si nutre di vicinanza, di gesti, di un panino mangiato insieme a pranzo». Mentre l’amore «non può diventare un laconico messaggio lanciato nell’universo distratto», né può contare sulla probabilità che un’anima ne incroci un’altra nella notte dei giochi tecnologici. E comunque la si pensi lo psichiatra consiglia di rispolverare l’insegnamento di libri come Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Bisogna ridarsi smalto, a partire dall’interiorità e dai dettagli: «L’uomo è un animale sociale che non nasce per vivere solo. Nel futuro prossimo le aziende valuteranno i risparmi di un lavoro agile, ma poi non potranno fare a meno di riunire il gruppo, perché la creatività, in questi giorni in cui siamo chiusi nelle nostre case-cella diventa asfittica, faticosa, compressa e implode». La pandemia ha appannato una visione, facendola naufragare nell’hopelessness. Ma oltre il buio c’è l’uomo. Quello vero, non l’homo technologicus.—
LA STAMPA
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