Il fascino discreto della borghesia meritocratica
- Paolo Crepet Psichiatra e scrittore
C’è un’aria fresca in questo scorcio d’inverno, qualcosa di nuovo. È bastato un nome, non certo uno qualsiasi, perché tutto, discretamente, si ribaltasse. I vecchi meccanismi narcisistici della politica, l’esaltazione fatua del potere, i canoni estetici, le roboanti parole d’ordine, le cene eleganti.
Tutto silenziato, quasi arreso se non addirittura deriso. Un banchetto da venditore ambulante davanti a Montecitorio, voltagabbana senza mercato, legioni estremiste improvvisamente ridicole. Tutto appare sommesso: gli anatemi sindacali, i malumori della politica improvvisamente afona.
Tutto si adegua magicamente a uno stile che è fatto di pochi microfoni, di nessun social network.
E tutti hanno intuito la grande bellezza della sobrietà e del merito, quello vero, quello che conosce il mondo e che il mondo riconosce, quello dell’inglese parlato come l’italiano, della forza dell’esperienza.
Draghi permette a tutti, qualsiasi ideologia appartengano, di pronunciare una parola: dignità. E l’abbiamo scoperta in un secondo come se fossimo usciti da un coma farmacologico, e finalmente, nonostante la pandemia e il debito pubblico, possiamo sorridere, covare una speranza non fideistica.
Improvvisamente le lauree e i talenti tornano a contare, le esperienze e la considerazione internazionale riconquistano il peso che meritiamo. Non più Tweet minacciosi, anche le tastiere degli ossessionati dal fatuo presenzialismo sembrano perdere la forza e il senso del linciaggio. Dall’impotenza dell’odio possiamo sperare di costruire un futuro fatto di competenze, di rispetto, di autorevolezza.
È tornata l’eleganza dell’apparire senza concessioni, della severità mascherata con un sorriso.
E il resto sembra sciogliersi nel ridicolo. Piattaforme digitali che dovrebbero giudicare chi? I più furbi e navigati hanno subito colto l’attimo per alzare il braccio e manifestare inusitate compiacenze, ma sanno che anche il giochino dei voltagabbana è giunto a termine.
Forse, dopo decenni, possiamo dire con orgoglio: ce lo meritiamo. E non saremo più giudicati per le barzellette di bassa lega o per i bomboloni inghiottiti sulla spiaggia come novelli ducetti.
Un solo nome e abbiamo capito, con sollievo, quanta politica (e non solo) era fatta da persone molto “vuote di sé” e finalmente possiamo dirlo. Finalmente la politica può rivolgersi a persone non ricattabili e questa potrebbe essere una vera rivoluzione: entrano i bravi, escono i furbi.
Forse è arrivato il nostro capitano che non possiede né parole forti, né ville in Sardegna, ma sa perfino parlare senza sbagliare un congiuntivo.
Ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che era proprio questo che cercavamo e che il mondo si aspettava da noi. Non cercavamo solo un curriculum, ma una persona autorevole che non ha bisogno di esternare ogni giorno né di smanettoni da social nel suo back-office.
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