Temi, squadra e tempi del governo. Le prime tre spine per il professore

Se l’orizzonte di Draghi – come vorrebbe il Quirinale – fosse la scadenza naturale della legislatura, l’ex banchiere centrale dovrebbe arrivare al 2023. Dalle cronache del primo giro di consultazioni si intuisce che nemmeno l’ex governatore è così ottimista. Ha parlato di un’efficace campagna vaccinale, dei debiti delle imprese e delle banche, di come migliorare il reddito di cittadinanza, di un approccio efficace al maxi piano di aiuti europei. Difficile strappargli dettagli su fisco, welfare, giustizia, ambiente, immigrazione. E qui siamo al terzo nodo di Mario Draghi, alla «sintesi» promessa ai partiti. Come tenere insieme in un programma Pd e Lega, Cinque Stelle e Forza Italia? Finché c’è da gestire l’emergenza pandemica, o trovare un accordo onorevole per rivedere il Recovery Plan (da Bruxelles fanno capire che occorrerà farlo), è probabile che Draghi non faticherà a trovare la giusta sintesi. «Ma ci immaginiamo cosa accadrà al primo sbarco primaverile di clandestini?», si chiede preoccupato un esponente Pd. «E quale margine di manovra avrà il nuovo ministro della Giustizia?» Carlo Calenda, fra i grandi sponsor di Draghi, dice che «questo governo contribuirà a svelenire il clima politico nel Paese, e sarà già tanto». Ma se nei primi giorni tutti si dicevano certi della nascita di «un esecutivo di legislatura», ora c’è chi parla di «scopo». A Draghi gli aggettivi sembrano interessare poco, purché sia chiaro qual è.

L’ha spiegato e lo ripeterà da oggi ai suoi interlocutori: «Occorre arrivare attrezzati alla ripresa e agganciarla con politiche coerenti». Se tutto andrà bene, quella ripresa inizierà nella seconda metà dell’anno. Da quel momento in poi l’Italia avrà una finestra di opportunità di un anno, forse un anno e mezzo, il lasso di tempo nel quale la Banca centrale europea continuerà a fare incetta di titoli di Stato italiano, mantenendo sostenibile un debito che in condizioni normali non lo sarebbe. Ieri in una intervista il successore a Francoforte Christine Lagarde lo ha detto chiaramente: «Non bisogna evitare gli errori del passato togliendo d’improvviso gli stimoli monetari». Il riferimento è al 2011, e alla decisione (improvvida) del collega francese Jean Claude Trichet di lasciare l’Italia senza protezioni nel pieno di una crisi finanziaria. Il piano antipandemico di acquisti oggi è previsto ufficialmente fino a marzo 2022. Per allungarlo occorre il sì di diciannove governatori europei. Lagarde fa intendere che quel sì non è scontato. Draghi nelle prossime ore spiegherà alla nuova maggioranza i rischi che corre l’Italia nei prossimi due anni. Un orizzonte di solito lungo per qualunque governo.—

LA STAMPA

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