Una politica senza partiti

massimo cacciari

Pudore è morto. Eccoci fuori dal Palazzo, dopo che al suo interno si sono consumati invano tutti i riti possibili, a predicare al successore, che null’altro è se non il testimone indubitabile dei nostri fallimenti, che il suo governo, sia chiaro, deve essere politico, si badi politico, poiché politici sono tutti i problemi che dovrà affrontare (e che noi non siamo stati in grado neanche di sfiorare), politica la crisi, e via politicando. Dunque, ci sbagliavamo, prima non era un governo politico. Erano dei “tecnici competenti” i Di Maio e compagnia, e ora finalmente occorrerà cambiar registro. Ma se invece i Conte 1 e Conte 2 erano governi ultra-politici, come forse ai più sono apparsi, non sarebbe proprio il caso di dire: d’ora in poi solo governi non politici?! La realtà è che l’impotenza riformatrice di tutti i governi che si stanno succedendo in questo Paese da ormai un trentennio, nel tentativo sempre più vano di mascherare una crisi di sistema, sta producendo una vera e propria confusione mentale, un radicale fraintendimento di lessici e categorie, un imbarbarimento di idee.

Che cosa significa questa ridicola distinzione tra politica e competenza? Si è dimenticato, dopo trent’anni di demagogie e populismi, non certo solo appannaggio delle destre, anche l’Abc di cosa sia vera politica. Non ne è mai esistita una che non avesse, al suo interno, reali competenze. Come scienza e tecnica formano un’unità del mondo moderno, così politica e competenza. Non nella stessa persona, ma nell’organizzazione di cui il politico, anche il capo politico, è espressione. Senza competenza il progetto politico mancherà sempre di fondamento, sarà comunque irrealistico, destinato a trasformarsi in un cumulo di promesse, di vacui dover-essere, di appelli populistici. Avere visione politica non significa sognare – come ora chiedere a Draghi la flat tax nel pieno di questa crisi finanziaria-, ma commisurare i propri fini alla situazione concreta. Non esiste politica che sia mera amministrazione dell’esistente. Un governo puramente tecnico è come l’araba fenice. Esiste invece, purtroppo, politica incompetente – e questa produce i peggiori disastri.

Il governo Draghi sarà perciò politico per forza. A meno che, tra i nostri eroi, politico non significhi altro che partitico(e allora occorrerebbe chiedere di grazia dove esista da noi oggi qualcosa che somigli alla forma di un partito). Se Draghi avesse in mente un governo che pasticcia tra i due termini incontrerebbe inevitabilmente dei bei problemi.

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