Dal mare di Ciampi alle notti del Papeete: se il buen retiro svela l’anima dei politici

Ecco, è comprensibile che l’approdo al potere coincida con un’esagerata «joy de vivre» , o meglio con la decisione di togliersi gli sfizi per tanto tempo negati. Campagna? Tresette? Pattino? Figuriamoci. Si va in Pakistan a fare eliski (Matteo Renzi) e lo si documenta accuratamente sui social. Sulle spiagge vip o ritenute tali della Sardegna e di Ponza (Luigi Di Maio), sempre in favor di telecamera. A Courmayeur, a Forte dei Marmi, a Malindi nel resort di Flavio Briatore. La vacanza diventa manifesto esistenziale, simbolo delle vette raggiunte, forse anche rivincita sulla vita un po’ opaca che si è fatta da ragazzi: «Anvedi dove sto!».

Ci sono due eccezioni a questa storia di provinciali solo in apparenza e provinciali «dentro». La prima è Umberto Bossi, uno che strapaesano lo era davvero – nel senso che aveva visto pochissimo mondo e ne diffidava – e tuttavia pur diventato potentissimo si inchiodò alle vacanze a Ponte di Legno, provincia di Brescia, che in estate diventava il capoluogo della Lega con quotidiana processione dei suoi per discutere, brigare, progettare. A Ferragosto faceva pure un comizio in piazza: insomma, uno che non staccava mai. L’altra vicenda anomala è quella di Bettino Craxi, che scelse come oasi personale una spiaggia tunisina, Hammamet, e ci costruì una villa all’inizio dei Settanta, ben prima di diventare qualcuno, senza prevedere che quel luogo incantato sarebbe diventato il suo carcere, la sua Sant’Elena. Talvolta il buen ritiro è solo una finzione, talvolta può rivelarsi un tragico inganno del destino. Interpretarlo in senso letterale, come riposo autentico e senza troppe pretese, magari è l’idea giusta.

LA STAMPA

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