Addio a Franco Marini, il sindacalista leader

Paolo Festuccia

Se ne è andato senza clamore, in silenzio. Nel gelo che solo una malattia infida come il Covid con le sue complicanze può riservarti. Aveva 87 anni Franco Marini e si era ammalato alla viglia di Natale. Sindacalista e politico, era tanto spigoloso e freddo di carattere quanto generoso e trasparente nei rapporti. Era nato in Abruzzo tra l’Aquila e la piana di Navelli, dove la stretta di mano è più autentica di un contratto scritto. Suo Padre operaio specializzato alla Snia Viscosa si era trasferito a Rieti dopo la morte della moglie, una madre che l’ex presidente del Senato perde molto presto, a soli dieci anni, “lasciandomi un vuoto – raccontava – così grande che mi sono sempre portato dietro”.

Quella dell’ex segretario del Partito Popolare è una vita vissuta tutta in prima persona: densa di battaglie, aneddoti, emozioni, prima come ufficiale di complemento degli alpini, “nella caserma Bressanone,  la stessa che aveva ospitato Walter Bonatti” sottolineava, poi come segretario generale della Cisl e infine come leader di partito, e presidente del Senato nel 2006. Incontri, comizi, le nottate per i collegi, gli scontri con gli alleati e gli avversari, le trattative infinite tra parti sociali e governo. Tutte tessere di un mosaico cominciato al liceo classico “Varrone” di Rieti, la città che lo aveva adottato e dove aveva conosciuto la moglie Luisa D’Orazi al su fianco per quasi mezzo secolo.

Marini era un politico puro, tutta passione, con alleati fidati e avversari riconosciuti. Si racconta che non si alzasse dal tavolo senza una decisione risolutiva, a suo modo definitiva anche nelle rotture. Severo e spigoloso, non era uomo da cerimonie e anche per queste sue caratteristiche caratteriali, si era beccato il nomignolo di lupo marsicano. Ultimamente parlava poco di politica e molto più di vita. Parlava del nonno Franco, delle sfide alla corsa campestre, ma anche di quella sua insegnante ebrea che dopo la licenza media convinse suo padre a iscriverlo al liceo (e non all’istituto tecnico). “Cambiò il mio orizzonte di vita” raccontava, al punto che “appena nominato ministro del Lavoro nel governo Andreotti andai a ricercarla, ma purtroppo era scomparsa da poco”.

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