Governo: tagliare l’Irpef abolendo gli sconti fiscali. Così Draghi vuol abbassare le tasse

di CLAUDIA MARIN

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Non prevediamo aumenti di imposte, ma una rimodulazione delle aliquote in senso progressivo e più equo, che riduca il prelievo sui redditi da lavoro”. Firmato Mario Draghi. Proprio mentre tutti i leader (o quasi) tentano di tirare per la giacchetta il premier incaricato, il diretto interessato, nell’ultima giornata di consultazioni, non esita a mettere in chiaro i capisaldi del riassetto tributario al quale intende mettere mano.

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La proposta di Flat tax, con buona pace di Matteo Salvini, va in soffitta. Ma, in compenso, non ci saranno incrementi di tasse, né Imu né Iva. Il che, però, non significa che l’assetto fiscale rimarrà invariato. Anzi. L’ex governatore della Bce, ma anche i possibili ministri dell’Economia in pectore (da Daniele Franco, attuale direttore generale di Bankitalia, al numero uno dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, agli economisti Dario Scannapieco e Veronica De Romanis), hanno un’impostazione che vede nel fisco una leva di politica redistributiva (come il Pd). Senza che il peso delle tasse, però, si riveli un disincentivo a investire e fare impresa (come rivendicano Forza Italia e Lega) o anche a svolgere attività di lavoro autonomo. Comune e condivisa è l’esigenza non più rinviabile di sfoltire la giungla di leggi, adempimenti, regole e astrusità tributarie che ha trasformato il nostro sistema in un inferno.

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Stando alle ultime indicazioni, è probabile che la rimodulazione dell’Irpef, come l’ha definita Draghi, segua la traccia indicata dai dem nella proposta messa a punto dal giovane economista Emanuele Felice: l’obiettivo è quello di garantire progressività anche per le aliquote marginali effettive sul modello tedesco dell’equivalente dell’Irpef, che prevede una graduale progressività. L’idea è innanzitutto quella di ridurre l’imposizione fiscale per le classi basse e ancora di più per quelle medie, facendo aumentare l’incentivo a lavorare e a guadagnare.

Un esempio per capirci. Il prelievo attuale applicato su un’eventuale quota aggiuntiva di reddito (cosiddetta “aliquota marginale effettiva”) determina effetti anomali: con un aumento di reddito di 1.000 euro per guadagni tra i 35mila e i 40mila euro, l’Irpef finisce per assorbire più di 600 euro, facendo calare l’incentivo a produrre reddito fino ai 40mila euro. Una progressività “continua”, invece, impedirebbe questa distorsione. È altrettanto verosimile, però, che a pagare il taglio dell’Irpef non siano i redditi medio-alti, come nell’ipotesi del Pd: e Draghi, del resto, ha garantito a Lega e FI che le tasse non aumenteranno per nessuno. A finanziare la sforbiciata sarà lo sfoltimento dell’enorme mole delle tax expenditures, le agevolazioni fiscali per centinaia di categorie e micro-settori.

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