Covid, in quarantena anche i vaccinati: «Rischio infezioni, serve cautela»

La famosa guardia che si abbassa. E infatti: mentre parla, Bartoletti riceve la chiamata di un collega dei Castelli romani. «La segretaria dell’ambulatorio, vaccinata – gli racconta – è stata a contatto con un positivo. Che fare?». «Quarantena, poi tampone fra dieci giorni», prescrive il capo dell’Uscar. «Per ora l’indirizzo è questo, aspettando che dagli studi scientifici emergano elementi certi». Che ancora non ci sono, come conferma Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive al policlinico Gemelli.


«In linea teorica – dice il professor Cauda – i vaccini proteggono sia dall’infezione che dalla malattia. Ma gli organismi internazionali, Fda ed Ema, hanno approvato i dossier presentati dalle industrie farmaceutiche concentrandosi sulla protezione dalla malattia. Quando diciamo che un preparato è efficace al 95%, parliamo della malattia, non della prevenzione dell’infezione». Ecco perché la quarantena anche da immunizzati è la scelta «più prudente da seguire in questa fase».


I ceppi mutati


Il punto, sottolinea il docente di Malattie infettive della Cattolica, «è che finora non abbiamo evidenze scientifiche importanti sull’argomento, anche se qualche studio c’è, per esempio in Israele, su migliaia di persone vaccinate con Pfizer: lì si è visto che non andavano incontro a infezioni. Ma sono ancora osservazioni spot». Poco per derogare alle regole basilari anti-pandemia. «Anch’io sono vaccinato – conclude Cauda – ma uso la mascherina, per la protezione individuale certo, ma anche per le varianti, un lato oscuro su cui speriamo si faccia luce presto». I tamponi positivi dei vaccinati, nel Lazio, saranno «sequenziati», a caccia dei ceppi mutati del virus.

IL MESSAGGERO

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