Covid, terza ondata: dati e calcoli per prevenirla
Cosa dicono le incidenze
Questi tre indicatori comunque dicono poco sul presente perché fotografano cosa è successo 12 giorni prima, ovvero il tempo che mediamente passa fra l’entrata in contatto con il virus e la diagnosi. Pertanto una politica di interventi basata solo sull’incidenza è destinata a fallire in molte circostanze. Supponiamo che per qualche motivo i decisori politici abbiano fissato la soglia di intervento a mille casi settimanali e oggi stiamo a 500. Dev’essere chiaro a tutti che molto dipende da quanto tempo impieghiamo ad arrivare ai mille casi. Consideriamo due possibili situazioni per passare da 500 a 1000 casi settimanali e precisamente: a) 6 mesi e b) una settimana. Nel primo caso la situazione può essere considerata relativamente tranquilla, mentre nel secondo è destinata a diventare drammatica. Gli interventi, a parità di soglia sull’incidenza, devono essere più incisivi in b) rispetto ad a). Di conseguenza, per sapere cosa succede in futuro, bisogna prendere i valori dell’incidenza e confrontarli con quelli della settimana precedente.
La trasmissibilità
Qui entra in gioco la trasmissibilità, rappresentata dal famoso Rt. L’interrogativo a cui risponde è: un infetto quante persone contagia? L’Rt minore di 1 vuol dire che ogni persona ne contagia in media meno di una e l’epidemia sta diminuendo, a 1 l’epidemia è costante, mentre se l’Rt è maggiore di 1 l’incidenza cresce, e tanto più rapidamente al suo aumentare. È dunque la misura più appropriata per capire la crescita o diminuzione del numero di casi nel tempo. In pratica l’Rt viene calcolato in base ai nuovi contagi della settimana A rispetto a quelli della settimana precedente B. Se nella settimana A ci sono 20.000 casi e nella precedente B 10.000, l’Rt è uguale 2. Quello che ci viene comunicato dal ministero della Salute è calcolato sui casi sintomatici considerati, come abbiamo visto, meno sensibili alle oscillazioni dei tamponi. La prima ondata è stata caratterizzata da un Rt di circa 3. Poiché il tempo tra una generazione di casi e l’altra è di circa 6,6 giorni, vuol dire che ogni 3 giorni il numero dei casi raddoppia. A seguito del lockdown la trasmissibilità cala sotto 1 (circa 0,6) per poi ricominciare a salire in estate con le riaperture associate alla fase 2, con un picco di 1,5 a cavallo di Ferragosto. A settembre la trasmissibilità cresce in modo marcato, con un Rt di circa 1,8 che corrisponde a un raddoppio dei casi di poco superiore alla settimana. A seguito dei Dpcm di ottobre e novembre, delle varie ordinanze regionali, poi dei provvedimenti di Natale, l’Rt scende nuovamente sotto 1. Con un Rt a 0,5 si dimezzano dopo una settimana.
L’andamento dell’epidemia
Anche in questo caso, però, una politica basata solo sull’ Rt che non considera l’incidenza dei casi è destinata a fallire. Il Veneto a Natale, ad esempio, ha un Rt sotto 1 (0,97) ma l’incidenza è di 5 mila casi al giorno, quindi devono scattare le misure di contenimento. In sostanza una efficace pianificazione degli interventi può scaturire solo dalla combinazione dei due indicatori. Se l’incidenza di questa settimana è di 10.000 casi, e Rt=2, allora ci si può attendere 20.000 nuovi casi la settimana prossima, 40.000, 80.000 e 160.000 nelle settimane successive. Se l’Rt fosse 0,5 ci si potrebbe attendere rispettivamente 5.000, 2.500, 1.250 nuovi casi settimanali.
La probabilità di gravità della malattia
Manca ancora un dato importante: quello relativo alla clinica dei casi, ossia la probabilità di ricovero in ospedale, di finire in terapia intensiva e addirittura di morire. Sono stime che possono essere ricavate dal contact tracing: sapere «chi ha incontrato chi» permette di comprendere le caratteristiche di chi si ammalerà più o meno gravemente.
Per dire, le pubblicazioni scientifiche sulla Lombardia che si riferiscono alla prima ondata (le uniche al momento pubbliche) ci dicono che il tasso di mortalità a seguito dell’infezione cresce con l’età: 0,43% negli under 70 e 10,5% negli over 70, molto più alto nei maschi (14% fra gli over 70) che nelle femmine (8,3% over 70). Indicano che la probabilità di sviluppare una malattia critica è inferiore all’1% sotto i 50 anni, mentre è del 18,35% negli over 80.
Queste indagini, basate sull’analisi di tanti indicatori, fornendo stime del numero atteso di casi ospedalizzati e ammessi in terapia intensiva, permettono di avere un’idea chiara sul futuro dell’epidemia, almeno quello prossimo. Sta poi alla politica fare la sintesi più giusta, in considerazione degli interessi che provengono dalle diverse componenti della società.
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