Via libera al ministero green chiesto dai 5S. Oggi il voto sulla piattaforma Rousseau
Poco dopo, parte la batteria di dichiarazioni dei big M5S utili a orientare il voto. Primo tra tutti, il capo politico Vito Crimi, che a corredo dell’annuncio della consultazione su Rousseau ricorda come Draghi abbia «sostenuto l’importanza del reddito di cittadinanza». E poi, aggiunge, «si è trovata una comune visione sul ruolo dell’intervento pubblico in economia», oltre ad aver fissato un punto di caduta «soddisfacente» sulla prescrizione. Segue Luigi Di Maio, che festeggia l’«ottima notizia» del super ministero e poi si lancia in una diretta sui social per parlare a chi non è convinto dell’appoggio: «Il nostro destino non è il disimpegno, dobbiamo partecipare a questo governo – dice il ministro degli Esteri –. Dobbiamo spendere noi i 240 miliardi di euro del Recovery plan, non gli altri. Io capisco i dubbi, ma domani voterò sì». Anche Giuseppe Conte dà il suo benestare: «Se fossi iscritto a Rousseau voterei sì», dice uscendo da palazzo Chigi. E non è escluso – riferiscono fonti M5S – che Grillo torni a far sentire la sua voce con un nuovo video.
D’altronde, c’è bisogno di tutta la forza di fuoco dello stato maggiore grillino, perché le resistenze continuano a essere forti, nonostante il «super ministero» ottenuto. I vertici del Movimento vorrebbero per quel ruolo il presidente dell’associazione per lo sviluppo sostenibile, Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro e dell’Istat. In modo da tenere comunque libera una o due caselle “politiche” nella futura squadra di ministri, con Di Maio e Stefano Patuanelli in pole, se Conte dovesse confermare la sua volontà di restarne fuori. Ma tutto dipende dal voto degli attivisti, che ultimamente non hanno dato prova di grande partecipazione: si stima possano essere circa 10mila in meno rispetto al voto per dare il via al Conte II. E questo non aiuta. Da questo passaggio dipenderà poi la consistenza della fronda di circa 40 senatori, che continua a evocare la «scissione» e minaccia di astenersi. Si sono riuniti in videoconferenza con un evento ribattezzato “V-Day”, un vaffa a Draghi, ma se passasse il voto su Rousseau i senatori contrari «si ridurrebbero a 7 o 8», ammette uno dei dissidenti. Di certo non una scissione. Tutt’al più, una diaspora.
LA STAMPA
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