I partiti e le regole: se la politica cambia rotta
di Sabino Cassese
La decisione del presidente della Repubblica e la sua scelta di Draghi per formare un nuovo governo stanno spingendo le forze politiche a cambiare rotta. Nel rimescolamento delle carte, la Lega riconosce le regole del gioco (l’Italia fa parte dell’Ue da 64 anni), così completando il suo accreditamento quale partito nazionale, il M5S si avvia a continuare la sua trasformazione da movimento anti-sistema a forza di governo. Ma questo è un esito incerto; Pd e Leu accettano una inedita alleanza.Si tratta ora di vedere quanto schietti siano i protagonisti del nuovo corso, quanto questo sia duraturo, e quali altre correzioni di rotta esso richieda.
Le forze politiche italiane, negli ultimi tempi, hanno sperimentato molte nuove alleanze e contrapposizioni. Prima Lega con M5S, poi M5S con Pd e Leu; ora si tenta un «ménage à trois». I partiti sono da tempo liquidi, lo sta diventando anche la politica, nel senso di non avere programmi, ma solo collocazioni negli schieramenti. L’assenza dei partiti-associazione, il leaderismo dei loro segretari, il predominio del centralismo, la tendenza a cogliere, improvvisando, gli umori passeggeri dell’elettorato, il disorientamento che ne consegue nei loro stessi seguaci, rendono le forze politiche fragili e questa fragilità si riverbera sulla democrazia. Quindi, il contratto che si accingono a sottoscrivere, dando la fiducia a un nuovo governo, deve registrare i cambiamenti intervenuti e va firmato da contraenti in buona fede.
In questa fase di gestazione, s’è detto che il governo non può durare all’infinito ed è stato evocato il governo Parri, di durata semestrale. S’è affacciata l’idea di un governo più largo e più breve. Ma la Costituzione non prevede governi di durata predeterminata. Maurizio Lupi ha giustamente osservato che «un governo non ha una data di scadenza, come lo yogurt».
Varare ora un governo di breve durata vorrebbe dire lasciare ai governi successivi la parte più ardua del compito. Infatti, il regime di eccezione per gli aiuti di Stato termina a fine 2021 e la «general escape clause» del patto di Stabilità potrà esser estesa nel 2021 fino al 2022. Inoltre, una volta che si sopprime la clausola di sospensione del patto di Stabilità, vanno riformate le regole finanziarie e, con Draghi, l’Italia ha la possibilità di influenzare il nuovo «Rulebook». Insomma, tra il 2022 e il 2023 riprendono vita le più stringenti disposizioni europee, dal cui rispetto siamo oggi esentati. Inoltre, la presidenza del G20 e la co-presidenza della Cop26 dànno all’Italia l’opportunità di modellare la sovranità globale nella direzione di un multilateralismo inclusivo e di una nuova centralità transatlantica. Avere oggi un governo di unità nazionale guidato dall’italiano più apprezzato in Europa, per poi cambiare governo domani, quando ce ne sarà più bisogno, mentre continua la ricca dote che ci viene data (un quarto di più dei fondi del piano Marshall e il doppio di quel che viene concesso alla Francia) sarebbe un palese errore.
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