Su Rousseau vince la linea governista, ma il M5S si spacca: Di Battista lascia
federico capurso
ROMA. Il Movimento 5 stelle appoggerà il governo di Mario Draghi. Lo hanno deciso gli iscritti grillini interpellati nella giornata di ieri sulla piattaforma Rousseau, che ha registrato il 59,3 per cento di favorevoli su 74.537 votanti. I big pentastellati si riversano sui social per esultare di fronte alla «grande prova di responsabilità» della base e, anche se non si vede, si avverte nell’aria un collettivo sospiro di sollievo, perché per la prima volta nella storia dei Cinque stelle l’esito di un voto online non era affatto scontato. Erano preoccupazioni fondate, perché l’altra faccia del voto mostra il 40,7 per cento di contrari. È la fotografia di un partito disorientato e spaccato, dove una parte del Movimento festeggia e l’altra torna a parlare di scissione, con uno dei big della prima ora, Alessandro Di Battista, che annuncia la sua uscita dal M5S.
L’apprensione per il risultato in bilico era montata nelle ultime 24 ore, dopo la pubblicazione del quesito. Le reazioni furenti della rete alla faziosità della domanda posta su Rousseau avevano innervosito i vertici M5S. E di fronte alle proteste, nessuno di loro poteva dirsi davvero sicuro che quel «super ministero» per la Transizione ecologica, sbandierato come la prima vittoria del confronto con Draghi, avrebbe davvero spostato gli equilibri. Tanto da costringere Beppe Grillo all’ennesimo intervento sul suo blog, in mattinata e a votazioni già aperte, per presentare i 20 punti programmatici del Movimento. Una sfilata di vecchie glorie che il fondatore dei Cinque stelle riporta in auge, dall’acqua pubblica al voto ai sedicenni, dalla riforma della Rai e dell’editoria al reddito minimo e universale, fino alla patrimoniale per le grandi ricchezze e alla legge sul conflitto di interessi. Quasi una carezza rivolta ai duri e puri, un refolo di malinconia per le origini grilline con cui convincere l’ultima truppa di indecisi.
Nella frattura aperta si inserisce Di Battista, come spesso gli è capitato di fare negli ultimi anni da ex deputato. Questa volta, però, per sbattere la porta: «Non posso far altro che farmi da parte», annuncia in una diretta sui social lanciata poco dopo la proclamazione dei risultati. Ma se Di Battista prende la strada dell’esilio volontario, la stragrande maggioranza dei suoi ex compagni di partito stappano lo champagne. «La responsabilità è il prezzo della grandezza – festeggia Luigi Di Maio -. Oggi i nostri iscritti hanno dimostrato ancora una volta grande maturità, lealtà verso le istituzioni e senso di appartenenza al Paese». A ruota il presidente della Camera Roberto Fico, anche lui felice dell’«assunzione di responsabilità». Questa decisione, aggiunge, «segna l’apertura di una nuova fase in questa legislatura». E si unisce al coro Davide Casaleggio, sempre più lontano dal cerchio di benevolenza di Grillo e dei maggiorenti grillini, ma comunque «contento», perché «siamo riusciti a fare sintesi della volontà del Movimento».
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