Vaccini Covid: offerte dal Brasile, prezzi rincarati. È il mercato parallelo
Il Veneto e le altre
Il governatore del Veneto Luca Zaia lo dice pubblicamente da giorni. La Regione cerca alla luce del sole forniture aggiuntive per accelerare la campagna. Un annuncio che, evidentemente, ha attirato l’attenzione. Qualche offerta è arrivata direttamente a lui, sul telefonino. Altre le hanno ricevute gli uffici della Regione. C’è anche — dicono i ben informati — un intermediario americano. Lo stesso è successo in Emilia-Romagna. In questo caso le offerte sono arrivate dall’Europa dell’Est. Qualche contatto c’è stato anche nelle altre Regioni che si sono messe in scia, seppur più timidamente, come il Friuli-Venezia Giulia e la Campania. Il mercato parallelo è un dato di fatto. Ma, intermediari oscuri a parte, se tutto è in regola si può fare?
Se compri ti scalo
Il Veneto ha sempre detto di voler fare tutto a norma di legge. Agli uffici dell’Aifa è stata annunciata, anche se non è ancora arrivata, una lettera firmata da Luciano Flor, direttore generale della Sanità veneta. Quella lettera chiede formalmente l’autorizzazione a importare vaccini, in aggiunta e in parallelo alle forniture nazionali, che poi sono quelle contrattate dall’Unione europea. I contratti europei vietano agli Stati l’acquisto parallelo. Non alle Regioni attraverso le loro Aziende sanitarie. In gioco c’è la salute pubblica ed è difficile dire di no, anche per una questione di responsabilità. C’è un dettaglio, però, che non è un dettaglio. Se una Regione riuscisse a comprare per conto proprio un milione di dosi, quel milione di dosi potrebbe essere scalato dalla fornitura nazionale. Per capire: l’acquisto fatto dal Veneto per conto proprio, e a prezzi probabilmente più alti, finirebbe per aiutare le altre Regioni, che si spartirebbero quel milione di dosi nazionali «risparmiato». Ne vale la pena?
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