Salvini, dubbi su Giorgetti: «Al governo ci vado io»
di Emilio Pucci
Qualcuno tra i dirigenti parla di mondo al contrario, di parti capovolte nella Lega. Non è una questione di rapporti né di ruoli, ma ora è Salvini a volere il partito di via Bellerio dentro al governo e Giorgetti più dubbioso. Non si tratta di calcoli politici, ma il numero due della Lega a più di un interlocutore ripete che il rischio è che sia un errore. Intanto perché le altre forze politiche faranno di tutto per tenere la Lega fuori da ogni decisione sui provvedimenti, «non ci vogliono». Pesa l’avversione nei confronti di Salvini. «Non vorrei che Draghi stesse chiamando tutti tranne che noi», la paura, per esempio, di un ex ministro.
Ma nelle considerazioni dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio c’è dell’altro: la Lega in Europa resta a metà del guado, schiacciata tra Le Pen e il Ppe, e in Italia è insidiata da FdI. Nessun timore da parte di Giorgetti, invece, nei confronti dell’operato dell’ex numero uno della Bce. «Farà bene, è un fuoriclasse», il suo refrain. Fatto proprio, e rilanciato, da tutto il fronte nordista, Luca Zaia in testa.
LE PERPLESSITÀ
Le perplessità sono
legate, quindi, al perimetro, al fatto che in Cdm i rappresentanti del
Carroccio possano essere in qualche modo ghettizzati. Invece il
segretario queste remore se le è tolte da tempo. «Io non mi alzo la
mattina dicendo spero di fare il ministro, però se Draghi dirà “c’è
bisogno di te per dare una mano” io ci sono», ha detto ieri sera a Porta
a porta. Poi il rapporto con FdI: non sopporta più questo derby
sovranista. Nulla di personale, ovviamente. Ma Salvini ha scommesso su
Forza Italia, sulla possibilità di stringere un patto di ferro con il
Cavaliere, poi ovviamente se la legge elettorale non dovesse venire
toccata, allora si tornerà tutti insieme. Salvini vuole Draghi perché ha
sposato proprio il progetto iniziale di Giorgetti, quello di
accreditare la Lega come forza governista, seguendo le richieste
dell’elettorato del Nord, degli imprenditori di riferimento, rispondendo
alla chiamata post-guerra del Capo dello Stato. E guardando a Draghi
come a una sponda amica, anche quando si dovrà votare per il prossimo
Capo dello Stato (per l’ex ministro dell’Interno sarà proprio «Mr Bce»).
AVANTI UN ANNO
Per
il Carroccio l’esecutivo durerà un anno, non di più. Ma per far sì che
il segretario possa essere il prossimo presidente del Consiglio i
leghisti vogliono che sia Salvini a sedersi in Cdm. Non Giorgetti. E
neanche Salvini vorrebbe il numero due lumbard. Non perché – o perlomeno
è quanto viene spiegato da un ex ministro – non si fidi di lui ma
perché con Giorgetti ministro prevarrebbe la tesi di una Lega buona e di
una Lega cattiva. Continuerebbe la narrazione di un Salvini con la
felpa e non con il vestito buono da palazzo Chigi, mentre il leader
vorrebbe guidare in prima persona il processo della “nuova” Lega. Ma il
Pd è per il no a Salvini, non ritiene certo utile bissare i tempi del
compromesso storico e di un governo costituente, con De Gasperi e
Togliatti attorno allo stesso tavolo.
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