Il ruggito del Grillo

Marcello Sorgi

Bisogna dare a Grillo quel che è di Grillo. Pur con tutte le riserve su quel che è accaduto. La rottura con Di Battista. Il quesito per la consultazione degli iscritti scritto com’era scritto e la validità del risultato (59,3 per cento “Sì”, 40,7 “No”), perdoni il notaio, certificata ma discutibile. È ancora: la piattaforma Rousseau che funziona come funziona e un Movimento ancora primo in Parlamento che continua a dipendere da una società privata. Malgrado ciò, Grillo è il vero vincitore di questa tornata. Non voleva questa votazione, avrebbe preferito rinviarla, ma alla fine ha accettato di correre il rischio.

E c’è da credere che si sarebbe sottomesso al verdetto delle urne telematiche anche se fosse stato un “No”. Ha capito subito cosa stava accadendo: s’è scaraventato a Roma quando ha capito che la sua creatura e i suoi ragazzi non erano in condizione di gestire la situazione e di decidere. Realisticamente, ha digerito l’estromissione di Conte, mentre i suoi continuavano a sperare in un improbabile fallimento del tentativo di Draghi, magari per riproporre l’avvocato del popolo. E ha scelto immediatamente la linea della partecipazione al governo, sebbene fosse evidente che stava montando una forte opposizione interna anche tra i parlamentari. L’ha domata. L’ha costretta a ripiegare dall’opposizione all’astensione, tal che se ci saranno nuove fuoruscite parlamentari, o “passi di lato” come quelli di Dibba, saranno insignificanti.

Nel frattempo ha stabilito un rapporto con l’incaricato (non era facile, non era scontato tra due personaggi così diversi, e specialmente con uno come Draghi, in passato considerato dall’Elevato una bestia nera). Merito, ovviamente anche dell’ex presidente della Bce. Ha ottenuto, unico tra i numerosi consultati, di poter avanzare una richiesta come quella del ministero per la Transizione ecologica, nelle corde del Movimento (l’ambiente è una delle 5 stelle), e vedersela accogliere, anche a costo di moltiplicare quelle, inascoltabili, degli altri partiti. Poi ha bloccato la consultazione degli iscritti quando ha intuito che era stata costruita contro di lui da Casaleggio, dalla sua Rousseau e dall’anima nostalgica del Movimento delle origini. E si sarebbe potuta concludere con la somma di “No” e astensioni superiore ai “Sì”. Per questo, ha dovuto fronteggiare una contestazione durissima, piena di insulti, sulla rete, e ha dovuto rassegnarsi alla fine alla votazione che l’ha confermata con oltre il 40 per cento di “No”.

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