Il ruggito del Grillo
In questo modo Grillo ha ripreso in pieno a esercitare la guida del Movimento ed è diventato l’alleato più convinto di Draghi. Qualcosa di imprevedibile, quando solo alla notizia della prima telefonata tra i due erano in tanti a sorridere. Si dirà, il Fondatore è tornato prepotentemente sulla scena politica, dopo lunga assenza o apparizioni sporadiche e svogliate, e dopo aver assistito per tre mesi (dal 16 novembre in cui sono cominciati, senza più concludersi, gli Stati Generali) a una paralisi del Movimento e a una serie di tentativi falliti del vertice dei 5 Stelle, ormai ridotto a un insieme di capicorrente come i vecchi partiti a lungo contestati dai grillini, di darsi un nuovo assetto, preconizzando che presto o tardi si sarebbero spaccati. Così facendo, incredibilmente, rapidissimo ha sviluppato una strategia e s’è mosso quasi con lo stesso stile dei leader storici della Prima Repubblica. Come ad esempio – il paragone è esagerato, ma fino a un certo punto – si comportava Almirante, capo storico della destra post-fascista, con le frange più dure dei giovani di destra, accogliendole nel Msi per sottrarle alla scelta estrema della violenza. In questo senso è stato un capolavoro portare nel governo Draghi i rappresentanti di quel pezzo di società civile consistente, ancorché marginale e radicale, che ancora giovedì sera organizzava un grande “vaffa” contro Draghi. Il comico è diventato un politico.
LA STAMPA
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