Governo Draghi, quel «triangolo» che è il perno del nuovo esecutivo. La presenza di Colao un messaggio a Conte
Ed è lì che ogni partito deve fare i conti con l’avvento di Draghi e con le sue decisioni. Nemmeno letta la lista dei ministri, la larga maggioranza è alle prese con un violento stress test. L’ala movimentista (e quasi scissionista) dei Cinque Stelle accusa i governisti (e Grillo) di non aver ottenuto il dicastero della Transizione ecologica, senza ovviamente curarsi della Farnesina lasciata a Di Maio. Nel Pd le donne sono in rivolta e costringono il segretario Zingaretti a prendere posizione perché «il loro impegno non ha trovato rappresentanza» nella delegazione dem. Ma è soprattutto nel centrodestra che scoppia il putiferio. Salvini sembra stretto nella morsa. Per un verso la Meloni ha già iniziato a metterlo sotto pressione, puntando l’indice contro un governo «ostaggio della sinistra» e avvertendolo che il dicastero del Lavoro è stato affidato «a un esponente del Pd». Per l’altro deve gestire la presenza di Giorgetti nell’esecutivo, al punto da essere costretto a ricordare che nel Carroccio «l’ultima parola è la mia». Eppoi c’è Forza Italia, con Berlusconi che deve farsi carico dell’insurrezione di un pezzo del suo partito, rimasto escluso dal governo: perché la scelta dei ministri azzurri coincide con la linea di frattura che attraversa Forza Italia.
È come se Salvini e il Cavaliere scorgessero i prodromi di un’operazione politica, che tenderebbe progressivamente ad isolare l’area (post) sovranista e quella berlusconiana con l’intento di creare una nuova geografia politica. Un po’ ciò che teme nel Movimento l’area irriducibile grillina. Ma ieri Draghi non sembrava curarsi delle torsioni dei partiti.
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