Il grande compromesso

MARCELLO SORGI

È un perfetto compromesso tra vecchio e nuovo, tecnici e politici, uomini e donne, novità e grandi ritorni, profili alti e meno alti, il governo presentato ieri sera da Mario Draghi al Quirinale. Se anche fosse vero, ed è difficile crederci, che il premier ha fatto di testa sua e ha telefonato ai segretari dei partiti della maggioranza dieci minuti prima di salire al Colle, come ha raccontato Salvini al Tg di Mentana, se ne ricava che premier e Presidente della Repubblica, lavorando insieme alla lista dei ministri, si sono dimostrati al corrente della mappa più aggiornata dell’articolazione correntizia, prima che politica, dell’attuale panorama parlamentare.

Una prova di realismo. All’interno della quale, va subito segnalato, spicca l’impronta che Draghi ha voluto dare al suo governo, soprattutto attraverso i tecnici: Franco all’Economia e Garofoli sottosegretario alla presidenza del Consiglio a Palazzo Chigi sono collegati direttamente a lui, non solo dal comune passato in Banca d’Italia, ma da una specie di legge del contrappasso, per cui, dopo essere stati accantonati (“È stanco” disse dell’ex governatore il premier uscente Conte, e quanto a Franco e Garofoli, furono assai maltrattati quando erano al Tesoro durante il governo gialloverde), tornano al governo con tutti gli onori. Come del resto Colao, inutilmente messo a capo, sempre da Conte, di una task-force incaricata di produrre con urgenza un progetto per la ricostruzione post-Covid altrettanto rapidamente finito in un cassetto. Invece innovazione digitale (Colao) e transizione ecologica (Cingolani), seppure nella forma di un comitato in cui entreranno altri ministri politici, diventano le due scommesse più ambiziose di Draghi, che su questi obiettivi proverà a orientare una parte consistente dei miliardi del Recovery Fund. Inoltre, fa ben sperare la Giustizia attribuita all’ex presidente della Corte costituzionale Cartabia e finalmente sottratta all’uso propagandistico che ne era stato fatto, a discapito del suo funzionamento, dal giubilato ministro grillino Bonafede.

In campo politico le numerose conferme e ritorni peseranno sulla foto di gruppo che stamane, dopo il giuramento, verrà scattata al Quirinale. Per i 5 Stelle si rivedono Di Maio (Esteri), D’Incà (Rapporti con il Parlamento), Patuanelli e Dadone (nuovi incarichi, Agricoltura e Politiche giovanili). Per il Pd Franceschini (Cultura), Guerini (Difesa) e Orlando (Lavoro, già alla Giustizia con Renzi), mentre le “new entries” Amendola e Provenzano diventano ex, e niente donne, che già protestano. Per Italia Viva dentro Bonetti (Pari opportunità), fuori la battagliera Bellanova. E per LeU Speranza (Sanità), forse il solo veramente giustificato, dall’emergenza Covid, a succedere a se stesso Ritorni anche nei partiti che lasciano l’opposizione per rientrare al governo: Giorgetti (Sviluppo economico), che vede coronato il suo sogno dell’unità nazionale, era sottosegretario nel Conte uno; Garavaglia (Turismo) era viceministro; Stefani già ministra gialloverde. Pure Forza Italia, con Brunetta (Pubblica amministrazione), Gelmini (Regioni) e Carfagna (Sud) si affida all’usato sicuro. Gli altri partiti, quelli che una volta si chiamavano alleati minori, dovranno accontentarsi della seconda fila, viceministri e sottosegretari.

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