Governo Draghi, i sette obiettivi: dai vaccini al digitale, dal fisco alla scuola

di Marco Galluzzo

Un programma urgente e di breve periodo: riscrivere il Recovery plan e definirne la governance. Prendere una decisione sul blocco di 34 milioni di cartelle fiscali. Affrontare le crisi di Alitalia ed ex Ilva. Decidere cosa fare dopo il 31 marzo con il blocco dei licenziamenti e la proroga della Cassa integrazione. Poi uno di medio e lungo periodo, in almeno 7 punti, compresa l’accelerazione della campagna vaccinale, per arrivare a 300 mila vaccini al giorno. A disposizione subito i 32 miliardi dell’ultimo scostamento di bilancio.

Piano per ridurre il carico fiscale

La riforma fiscale sarà articolata e di ampio respiro. Mario Draghi ne ha accennato durante le consultazioni con i partiti. È ipotizzabile una riduzione ulteriore del cuneo fiscale, comunque all’insegna della progressività dell’imposta. Se si dovesse ridurre il carico fiscale sui redditi sotto i 40-50.000 euro il minor gettito potrebbe essere compensato da norme nuove contro l’evasione fiscale o dallo spostamento del carico della tassazione dai redditi ai consumi. Obiettivo anche razionalizzare un contesto fiscale maggiormente favorevole agli investimenti. Complessa la sintesi politica.

L’economia green diventa centrale

La Transizione energetica è uno dei perni del piano europeo che ci ha attribuito 209 miliardi di euro nei prossimi sei anni. Di un governo marcatamente «ambientalista» ha parlato in modo esplicito il capo del governo, lasciando intendere che tutte le politiche dell’esecutivo calcoleranno l’impatto su economia circolare, riduzione delle emissioni, sostenibilità ecologica nel lungo periodo delle misure. Il nuovo ministro Roberto Cingolani dovrà impostare la spesa di almeno 77 miliardi di euro, il 37% del Recovery italiano: il suo nuovo ministero imperniato sulle competenze dell’Ambiente acquisirà deleghe dal Mise e forse anche dai Trasporti. E proprio insieme al neo ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini e al ministro Vittorio Colao, che si dovrà occupare della Transizione digitale del Paese, Cingolani dovrà impostare una strategia di lungo periodo di crescita sostenibile. Calcoli alla mano, sotto la regia di Draghi, i tre ministri avranno competenze su quasi il 90% dei fondi del Recovery plan italiano. Un maxi progetto che andrà impostato nel brevissimo periodo, nelle prossime quattro-sei settimane, prima di essere inviato alla Commissione europea, insieme al modello di governance e ad un cronoprogramma.

L’innovazione e il cablaggio

La Transizione digitale sarà un altro dei pilastri del programma e delle politiche del governo di Mario Draghi. Il neo ministro Vittorio Colao, ex ad di Vodafone e capo della prima task force sul Recovery plan che fu voluta e poi quasi ignorata da Giuseppe Conte, avrà voce in capitolo sul 20% delle risorse del Recovery, dunque su almeno 40 miliardi di euro. Su queste risorse avrà un decisivo potere di indirizzo pur gestendo un ministero senza portafoglio, ma è possibile che si arrivi ad una quota di gran lunga maggiore visto che la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica saranno trasversali alle competenze di molti ministeri, dai Beni culturali alla Sanità fino al Turismo. Nei piani di Colao sono centrali il completamento della rete a banda larga, complementare con l’infrastruttura mobile del 5G: un doppio binario che dovrebbe portare anche a modernizzare la Pubblica amministrazione, altra riforma chiave del governo Draghi, in testa alla richieste della Commissione europea insieme alla riforma della giustizia civile. Nei piani di Colao, già messi nero su bianco nel lavoro fatto dalla task force da lui coordinata, ci sono anche la digitalizzazione di tutti gli istituti scolastici e il cablaggio di tutte le aree del Paese.

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