Nuovo lockdown, perché se parla in Italia? Cosa dicono i dati e cosa pensano i virologi
Le parole del consigliere del ministro della Salute Walter Ricciardi che invoca un nuovo lockdown duro, come quello che abbiamo vissuto nel marzo 2020 hanno scatenato una vera e propria «bomba». Ricciardi non è nuovo a chiedere il massimo rigore per vincere il virus, ma oggi lo fa con il nuovo governo appena insediato, nella speranza che Draghi recepisca e appoggi. #lockdown è già diventata una tendenza di Twitter con commenti di ogni genere, ma perché in Italia ora si torna a parlare di lockdown rigido con chiusura di negozi, ristoranti, scuole con la possibilità di uscire di casa solo per andare a lavorare?
I dati in Italia
Ricciardi parla di una chiusura di due tre, quattro settimane, il tempo necessario per tonare a testare e tracciare e vaccinare ad alto ritmo con l’obiettivo di «limitare la circolazione del virus al di sotto dei 50 casi ogni 100 mila abitanti». Quello che insomma sta cercando di fare buona parte d’Europa, come Francia e Germania attualmente in lockdown. Ma come stanno andando i dati di contagio in Italia? Sono tali da giustificare chiusure rigide? In verità la variazione media nelle ultime 4 settimane è del -5% ma nell’ultimo mese non si è visto un calo deciso della curva epidemica, che invece è rimasta piuttosto stabile, almeno per quanto riguarda il numero di nuovi contagi, con una leggera crescita nell’ultima settimana. Va meglio con i decessi dove nelle ultime quattro settimane si registra una decrescita costante, con una variazione del -26%. In Germania, Paese in lockdown rigido, che sta vaccinando più o meno con i ritmi dell’Italia le chiusure hanno funzionato: se quattro settimane fa i nuovi contagi ogni sette giorni sfioravano i 125 mila, in questa settimana sono scesi a poco più di 50 mila con una variazione di -46% e anche il numero dei decessi è in calo: -35%.
Che cosa spaventa gli scienziati
Quel che spaventa gli esperti è per la verità la diffusione delle varianti. Quasi il 20% dei casi positivi in Italia (1 su 5, esattamente il 17,8%) appartiene alla variante inglese, B.1.1.7 secondo un’indagine a campione commissionata dal ministero della Sanità con notevoli disparità sul territorio con Regioni che toccano il 50-59%. In Francia la prevalenza della variante inglese è del 20-25%, in Germania sopra il 20%. Sappiamo che la variante inglese è più contagiosa almeno del 50% ed è chiaro che se dovesse diventare prevalente è atteso un boom di contagi e di conseguenza un nuovo incremento di decessi e un grande stress per il sistema ospedaliero. «Nell’arco di 5 o 6 settimane potrebbe sostituire completamente o quasi l’altro ceppo attualmente circolante» ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro. In Lombardia negli ultimi giorni i contagi sono raddoppiati e la presenza delle varianti si aggira intorno al 30%. «Potrebbero arrivare nelle prossime settimane al 60/80%» ha spiegato l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti. Insomma, l’epidemia ha imboccato una nuova fase di espansione (l’Rt è a 0,95, con un trend in crescita) e ci si attende a fine mese una media di oltre mille nuovi positivi al giorno e anche più, con un impatto tra le due e tre volte più violento di quello attuale. In Italia sta circolando anche la variante brasiliana: focolai dovuti a questo ceppo sono stati localizzati a Perugia e Chiusi. Sono in corso indagini per calcolare la diffusione. Molti scienziati, in presenza di varianti, premono per vaccinare il più velocemente possibile perché un pericolo reale potrebbe arrivare da una variante del coronavirus generata dalla pressione selettiva, esercitata dallo stesso vaccino, un po’ come succede nel fenomeno dell’antibiotico resistenza. La pressione selettiva è quell’evento suscitato dall’utilizzo degli antibiotici per trattare un’infezione causata da batteri sensibili al farmaco e resistenti. L’uso del farmaco infatti elimina i batteri sensibili responsabili dell’infezione ma, se presenti, non i batteri patogeni resistenti che hanno così la possibilità di crescere ed espandersi. Allo stesso modo un vaccino che non funziona bene su determinate varianti potrebbe favorirne la loro diffusione.
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