Covid, Draghi sceglie la linea dura. E ai virologi: parlate meno
di Alberto Gentili
Da Palazzo Chigi trapela poco o nulla sulla linea di Mario Draghi sul fronte delle misure anti-Covid. Perché, come ha spiegato il premier sabato nel primo Consiglio dei ministri, «si deve parlare soltanto con i fatti». Ma i fatti dimostrano che Draghi, a dispetto dell’insurrezione leghista che scuote il governo, si attesta sulla linea del rigore e della massima cautela nell’affrontare la pandemia. Al pari di Angela Merkel, di Emmanuel Macron e della Commissione europea. Un legame, quello con l’Europa e le cancellerie più importanti, che il premier ha intenzione di mantenere saldo anche nella lotta alla pandemia. Piano vaccinale incluso.
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«SCELTA CONDIVISA»
Domenica
pomeriggio, quando il ministro della Salute Roberto Speranza è stato
chiamato a prorogare (sulla base del report del Cts di venerdì) il
blocco fino al 5 marzo della stagione sciistica, è avvenuta una
approfondita interlocuzione tra Speranza e Draghi. Per decidere lo stop
dello sci, il responsabile della Sanità ha infatti dovuto modificare con
la sua ordinanza il Dpcm varato il 14 gennaio. E l’ha fatto soltanto
dopo il via libera del capo del governo. Tant’è, che da palazzo Chigi
parlano di «scelta condivisa».
Assieme a Speranza, Draghi ha analizzato il verbale del Cts che evidenziava come il 17,8% dei nuovi positivi sono colpiti dalla variante inglese del Covid, che ha una velocità di diffusione del 40-50% superiore al virus prima versione. E al pari del responsabile della Salute, il premier ha ritenuto la situazione preoccupante. Tanto più, fanno notare fonti informate, che «anche in Germania e Francia la stagione sciistica è ferma».
E che
il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
(Ecdc) valuta il rischio-varianti «alto-molto alto per la popolazione
complessiva e molto alto per gli individui vulnerabili», a causa della
«maggiore trasmissibilità» che potrebbe rendere «i vaccini esistenti
solo parzialmente o in gran parte meno efficaci».
Da qui il via
libera di Draghi al giro di vite in extremis, a dispetto
dell’impopolarità e incurante («la difesa del diritto alla salute viene
prima di tutto», ha ribadito Speranza) della successiva insurrezione di
Matteo Salvini e dei governatori del Nord. Ma con l’impegno a erogare
«rapidamente i ristori» ai settori colpiti.
Stabilito che il premier non abbandonerà la linea del «rigore» e della «massima cautela» in sintonia con la Ue e i partner europei, e che spingerà per rendere più rapida e capillare la campagna vaccinale («è la precondizione per la ripresa economica», ha detto l’ex capo della Bce durante le consultazioni), il governo dovrà decidere entro il 5 marzo, quando scadrà il Dpcm attualmente in vigore, se prorogare l’attuale sistema a fasce Regione per Regione (giallo, arancione e rosso), il coprifuoco e il divieto di superare i confini regionali. In più, l’esecutivo dovrà stabilire se continuare con l’attuale procedura: la cabina di regia (composta da Istituto superiore della Sanità, ministero della Salute e Regioni) che il venerdì redige il report settimanale grazie ai dati regionali, e il Cts che poi fornisce all’esecutivo le sue proposte.
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