Governo, piano Draghi: dai Vaccini all’Europa, dalla Solidarietà ai Giovani e alla Pandemìa, la nuova Italia in 5 capitoli
Pandemia
Sistema sanitario rivisto e digitalizzazione dei dati
Tra le missioni più importanti che troveranno spazio nel programma di
governo delineato da Mario Draghi alle Camere, c’è senza dubbio quella
di rinnovare il sistema sanitario italiano. La pandemia ne ha
evidenziato i limiti vecchi, creandone di nuovi. In particolare ci si
aspetta che il premier, già nelle prime settimane di attività, prenda in
mano la situazione e imponga una svolta che abitui la nostra sanità a
convivere con situazioni di questo tipo. D’altronde, che la Covid-19 non
sarà un caso isolato è ormai opinione di tutti gli scienziati più
autorevoli.
Al netto dell’avere un piano pandemico sempre aggiornato (da poche
settimane ne è in vigore un nuovo, fino al 2023, ma alcuni esperti non
lo valutano adeguato), servirà coltivare le competenze acquisite e non
dimenticare le lezioni anche pragmatiche apprese in questo anno di
emergenza. Dalla capacità immediata di disporre di un numero adeguato di
terapie intensive in caso di necessità, alla creazione di una rete
produttiva nazionale per i dispositivi di protezione personale (come
mascherine o visiere), fino alla predisposizione nelle strutture
ospedaliere di spazi separati o percorsi differenziati da attivare in
caso di emergenza. Un po’ come avviene per i terremoti in pratica, ogni
centro sanitario dovrà avere un piano su misura che definisca come si
deve agire in situazioni di questo tipo.
Non solo, il progetto di rinnovamento (in cui i fondi europei, compreso
ipoteticamente il Mes, giocano un ruolo fondamentale) passa anche per la
digitalizzazione strutturale del Ssn. La gestione regionale infatti, ha
fatto sì che in questo momento sia impossibile raccogliere con
efficienza dati organici sugli italiani e sulla loro salute. Evidenza
emersa in modo imbarazzante nella gestione del vaccino. L’uso di
piattaforme e data center differenti, non può più costituire un limite.
Il tutto, senza dimenticare la svolta della medicina di prossimità cara
al ministro neo-confermato Speranza. Serve un grande piano di welfare
territoriale, che riporti i medici nelle abitazioni dei cittadini (in
particolare quelli cronici), introducendo anche a supporto infermieri di
comunità a supporto della domiciliarizzazione delle cure.
Francesco Malfetano
Vaccini
Più personale e sedi: accelerare le dosi
«Sconfiggere la pandemia». Come già avvenuto nel discorso successivo
all’accettazione dell’incarico da Sergio Mattarella, la necessità di
piegare al più presto il Coronavirus attraverso un’accelerazione della
campagna vaccinale, sarà ribadita al Senato dal neopremier nel suo
discorso programmatico. D’altronde i ritmi attuali di somministrazione
(ieri circa 11mila dosi iniettate, la media giornaliera è invece di
58mila) parlano da soli. La svolta non è più rimandabile, soprattutto
ora che le varianti incombono sulla Penisola. Dunque, stando a quanto
appreso nell’ultima settimana, il piano del premier verterà su quattro
punti cardine: personale, sedi, priorità e dosi.
Per il primo, che risponde alla necessità di raggiungere al più presto
un ritmo da 300mila dosi al giorno (per poi salire a 500mila quando si
avrà a disposizione un maggior numero di fiale), verranno schierate in
campo ben 70mila sanitari in più. Si tratta dell’esercito di medici di
famiglia attivi in tutta Italia, a cui sarà chiesto di somministrare i
vaccini che non hanno bisogno della doppia dose, quindi AstraZeneca e,
quando sarà approvato, Johnson&Johnson. Per quanto riguarda le sedi
per la somministrazione, bocciate le primule del commissario per
l’Emergenza Domenico Arcuri, si punterà a creare una rete di postazioni
sparse sul territorio attingendo a strutture già esistenti: parcheggi,
centri fieristici, cinema e palasport e teatri. Come ad esempio hanno
già iniziato a fare alcune Regioni, tra cui il Lazio che ieri ha
inaugurato un hub con 10 postazioni all’interno dell’Auditorium Parco
della Musica.
Il tema della priorità, com’è noto, Draghi ha deciso di ridefinirlo
partendo dalla scuola, vaccinando da subito insegnanti e personale
scolastico in modo da far riprendere in presenza ed in sicurezza le
scuole fino alla fine di giugno (per gli studenti screening a tappeto
invece). Per quanto riguarda le dosi, che al momento non sono
sufficienti, ci si aspetta buone notizie dalla Ue ma l’obiettivo è più
che altro farsi trovare pronti quando arriveranno le 50 milioni previste
nel secondo trimestre dell’anno. In aggiunta, come emerso dalle
consultazioni, Draghi ha in mente una centralizzazione della logistica
che passa anche per la creazione di una piattaforma digitale che
consenta davvero di verificare in tempo reale l’andamento delle
vaccinazioni e un call center per le prenotazioni.
Francesco Malfetano
Solidarietà
La coesione sociale come filo conduttore
Tutto il programma di Mario Draghi avrà un filo conduttore: la coesione sociale. L’ex governatore della Banca centrale europea ha detto fin dall’inizio che questo sarebbe stato il filo conduttore del suo ufficio. La stessa composizione della coalizione che sosterrà il suo governo ne è la plastica raffigurazione. Fino a poche settimane fa chi avrebbe potuto dire che la Lega ed il Pd, Forza Italia e i Cinquestelle e persino Leu, avrebbero tutti preso parte ad un impegno comune di governo per fronteggiare insieme la peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi. Il concetto è semplice: dalla pandemia si esce tutti quanti insieme. L’obiettivo deve essere comune. Alcune scelte sono divisive, ma andranno fatte insieme sempre con lo scopo ultimo del bene comune. Ci sarà da decidere sul blocco dei licenziamenti, su quello degli sfratti, sulle cartelle fiscali che il primo marzo potrebbero ripartire, su una riforma fiscale sulla quale per anni le parti politiche si sono battute ferocemente su posizioni antitetiche. Non lasciare nessuno indietro, probabilmente, non significherà bloccare senza limite i licenziamenti.
Più probabilmente significherà riformare gli ammortizzatori sociali (dossier al quale sta già lavorando il neo ministro del lavoro Andrea Orlando), attuare politiche attive che permettano davvero di riqualificare il personale per destinarlo a quei nuovi lavori la cui domanda di manodopera cresce senza però trovare corrispondenza nel mercato del lavoro. Rafforzare la coesione sociale significherà superare, molto probabilmente, le differenze su una riforma della giustizia che non significhi fine prescrizione mai. In questi passaggi l’obiettivo di Draghi è, probabilmente, fare in modo che i partiti che condivideranno questa esperienza di governo si legittimino tutti l’un l’altro. Alle prossime elezioni non ci dovrà essere nessuno considerato “unfit”, non adatto a sedere a Palazzo Chigi. Ma rafforzare la coesione sociale significa anche azzerare i divari territoriali che si trascinano inevitabilmente dietro recriminazioni e conflitti tra Stato e Regioni, e anche tra le stesse Regioni. Questo significherà che non esistono locomotive e vagoni, ma un unico treno su cui tutti viaggiano alla stessa velocità.
Andrea Bassi
Giovani
Scuole aperte più a lungo e risorse per i docenti
Per il neopremier sarà uno dei capitoli centrali, se non quello centrale: i giovani. La «povertà di conoscenze è l’anticamera della povertà economica», ha già più volte ricordato l’ex governatore della Banca centrale europea. La pandemia ha fatto perdere mesi di aula agli studenti, la didattica a distanza ha penalizzato quelle famiglie e quei territori che già erano più svantaggiati. A tutto questo andrà posto rimedio. Sulla scuola e sull’istruzione andrà investito molto. Le scuole dovranno rimanere aperte più a lungo, e andranno impiegate risorse per rafforzare il corpo docente e le strumentazioni didattiche. Bisognerà evitare che il debito contratto oggi per affrontare la pandemia sia insostenibile un domani per gli attuali giovani che saranno chiamati a ripagarlo. Se si investe bene questo rischio non ci sarà. È la differenza tra «debito buono e debito cattivo» già illustrata da Draghi nel suo intervento al Financial Times. Dunque i veri beneficiari del Next Generation Eu, come del resto dice lo stesso titolo del programma europeo, dovranno essere loro, i giovani. Sarà necessario invertire quelle tendenze che ancora oggi si manifestano.
A dicembre 2020, ultimo dato Istat, la disoccupazione giovanile è tornata a sfiorare il 30%; siamo al 29,7%, in aumento di 1,3 punti su dicembre 2019 (poco prima che scattasse l’emergenza coronavirus). L’Italia si colloca anche tra gli ultimi posti, con un tasso di laureati fra i più bassi d’Europa, pari al 27,8% nel 2018, a fronte di una media europea pari al 40,7%, e un tasso di occupazione dei neolaureati pari al 56,5% nel 2018 (rispetto a una media europea dell’81,6%), superiore solo a quello della Grecia. Draghi, probabilmente confermerà quanto già detto all’atto dell’accettazione dell’incarico: «Abbiamo l’occasione di fare molto per il nostro Paese, con uno sguardo attento al futuro delle giovani generazioni». Va dunque invertita la rotta rispetto a quanto lo stesso Draghi aveva prospettato nel suo ultimo discorso da governatore della Banca d’Italia, quando aveva spiegato che «una crescita stentata alla lunga spegne il talento innovativo di un’economia; deprime le aspirazioni dei giovani; prelude al regresso; preoccupa particolarmente in un Paese come il nostro, su cui pesano un’evoluzione demografica sfavorevole e un alto debito pubblico. È grave lo spreco causato dal basso impiego del segmento più vitale, più promettente della popolazione». Questo spreco dovrà essere interrotto.
Andrea Bassi
Europa
Investimenti legati alle riforme di fisco, giustizia civile e Pa
La collocazione europeista e atlantista sarà ribadita a chiare
lettere da Mario Draghi. Del resto è la ragione sociale del suo impegno.
Ma i passaggi sulla vocazione comunitaria saranno molti. Draghi molto
probabilmente sottolineerà il fatto che per la prima volta contribuenti
tedeschi e francesi hanno accettato di pagare con le loro tasse spese di
altri Paesi. Quella «solidarietà europea» sempre invocata, ma raramente
dimostrata concretamente. Di questa “condivisione” del debito l’Italia,
con i 209 miliardi del Recovery Fund, sarà la maggiore beneficiaria.
L’occasione, dirà senza mezzi termini Draghi, non può essere sprecata. I
fondi del Recovery vanno spesi tutti, vanno impegnati in progetti in
grado di rafforzare la crescita futura del Paese e rendere sostenibile
il debito pubblico. Se ben utilizzata, questa occasione può incidere
sulla storia futura dell’Unione europea e portare verso una maggiore
integrazione, con la creazione di un vero bilancio comune.
Sarà dunque necessario agire non solo sul terreno degli investimenti, ma
soprattutto su quello delle riforme, che saranno la vera eredità del
Recovery. Tre saranno quelle principali su cui sarà concentrata
l’attenzione: il fisco, la Pubblica amministrazione e la giustizia. Il
fattore comune di queste tre riforme, dovrà essere quello di favorire
l’impresa, gli investimenti e l’occupazione giovanile. Capiti gli
obiettivi, le tecnicalità verranno di conseguenza.
Punto centrale del Recovery sarà, come noto, la transizione energetica.
Draghi lo ha detto nel primo consiglio dei ministri: «Questo sarà un
governo ambientalista». Non a caso ha creato il ministero della
transizione ecologica affidandolo a Roberto Cingolani, che oltre al
dicastero sarà chiamato a guidare un costituendo Comitato
interministeriale per la transizione ecologica. Da qui passerà una
consistente fetta dei finanziamenti europei del Recovery. Così come non è
sfuggito agli osservatori più attenti che Draghi non ha nominato un
ministro per gli Affari europei. A tenere i rapporti con la Commissione
sarà direttamente lui.
Insomma, nei prossimi mesi l’impegno, con la sponda europea, dovrà
andare in una direzione di marcia chiara, quella di far uscire l’Italia
dalla depressione psicologica ed economica. Solo così il Paese potrà
essere instradato su un sentiero di crescita sostenibile e duratura.
Andrea Bassi
IL MESSAGGERO
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